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Visualizzazione dei post da aprile, 2013

Salario minimo o reddito minimo garantito? Iniziativa a livello Italia o Europa?

Negli ultimi tempi, si dibatte, a volte strumentalmente, perché non si tiene conto della fonte di finanziamento di tali misure, se adottare un "salario minimo o un reddito minimo garantito", per far fronte alle gravi difficoltà economiche in cui versano molti cittadini in Italia. Inoltre si discute se tali misure devono essere assunte dai singoli Paesi o in ambito europeo e ciò è ovviamente è soprattutto legato alla disponibilità delle risorse finanziarie da stanziare. In ambito europeo, Philippe Van Parijs, parla di "reddito di cittadinanza", uno dei principi fondamentali indicati dal filosofo, ispiratore del "basic income" come misura universale e incondizionata a favore della persona. Il reddito non dev'essere un sussidio di povertà, non deve obbligare ad accettare qualunque lavoro, ma garantire dai ricatti e incentivare alla formazione o alla riqualificazione del cittadino. Ma quanto costa il reddito di cittadinanza? Secondo gli e

Un bilancio europeo contro la stessa Europa.

L'8 febbraio, per la prima volta nella storia dell'Unione europea, i Capi di Stato europei hanno deciso di ridurre il bilancio dell'Unione europea per il periodo 2014-2020. Che bel segnale politico! Se la risposta alla crisi è l'Europa, perché poi proporre e programmare un bilancio così insignificante? In questo caso, non ci si deve stupire se si rafforza il populismo e il nazionalismo.  Risparmiare sul bilancio dell'Unione europea, non è la prova che l'Europa di Bruxelles è inefficace o inutile?   Così, fino al 2020, il budget sarà limitato a 260 euro l'anno pro capite nella UE, o 22 volte meno del budget dedicato al governo francese per i suoi abitanti (5690 €). Vogliamo anche ricordare che la politica agricola comune necessaria, che è la prima voce di bilancio, rappresenta ancora quasi il 40% dei fondi previsti per il periodo. Tuttavia, ciò che è messa in discussione, non è la somma spesa per la PAC o quella della coesione territoriale

La nuova avventura ungherese.

Di fronte alla deriva autoritaria e nazionalista del governo di Viktor Orbán l’Europa non può rimanere indifferente. Una comunità di valori democratici condivisi ha l’obbligo di intervenire per tutelarli. Come per uscire da un incubo terribile, gli ungheresi finalmente  si sono svegliati. Lo spettacolo di decine di migliaia di ungheresi che hanno sfilato per le vie di Budapest contro l’entrata in vigore di una Costituzione che reputano antidemocratica rappresenta un serio monito per il primo ministro Viktor Orbán. Mai prima d’ora  l’opposizione era riuscita a portare in piazza abbastanza gente da farsi ascoltare, ma adesso c’è riuscita. C’è stata un’altra iniziativa degna di nota: tredici ex dissidenti ungheresi, alcuni dei quali furono con lo stesso Orbán i protagonisti della lotta contro il regime comunista, hanno firmato un appello nel quale fanno presente che “la società ungherese non è vittima solo  della crisi economica, ma anche del suo stesso governo”. Insieme agli  altri, lo