EUROPA: l'anno della cittadinanza europea e la presenza della Gran Bretagna nell'U.E..

Per costruire un'Europa più forte e a maggiore valenza politica è necessario coinvolgere direttamente i cittadini. Per questo il 2013 è l'Anno europeo  dedicato a tutti i cittadini europei e ai loro diritti. Il 2013 è  l'anno in cui si celebra la cittadinanza europea e tutti i 27 Pesi dell'Unione dovrebbero partecipare al lieto evento con la stessa identità di vedute e d'intenti. Così non è per la Gran Bretagna di Cameron che a fini solo elettorali ha annunciato un referendum che chiami gli inglesi ad esprimersi sulla permanenza del Regno Unito nell’UE.  Tutta la faccenda sembra però essere assai preoccupante e affatto positiva. Preoccupante perché c’è un concreto rischio che la trovata venga presa a esempio da qualcuno tra i numerosi politici populisti in Europa, specialmente in tempi di campagna elettorale (senza allontanarci troppo, pensiamo a capi di partito nostrani come Grillo  e Berlusconi  che di recente hanno espresso le loro idee sull’uscita dell’Italia dall’Eurozona e col secondo, abituato a coup de théâtre clamorosi in chiusura delle campagne elettorali, che ha annunciato una “proposta choc”, ancora in fase di elaborazione (forse l'ha già accantonata).
Del resto, anche quella di Cameron è stata una trovata elettorale: in quale altra maniera si potrebbe giustificare la scelta del Prime Minister di programmare questo referendum solo dopo l’eventuale conferma del partito al Governo alle prossime elezioni? Il premier britannico sostiene che prima di tutto bisogna trovare il tempo di rinegoziare i Trattati. In caso di rinegoziazione però che senso avrebbe il referendum? E perché parlarne prima ancora di aver fatto il tentativo? Sembra essere a tutti gli effetti una trovata elettorale, organizzata con largo anticipo (e pure miope, dato che non pare tener conto del referendum sull’indipendenza della Scozia). Del resto in effetti, Cameron sa che molti tra i britannici non vedrebbero l’ora di potersi allontanare dall’UE; rimanendo però nel mercato unico e usufruendo di tutta una serie di benefici, beninteso.
È cosa nota che gran parte dell’elettorato di Cameron non ha ancora digerito la fine dell’Impero Britannico; ed è testimoniata dal pervicace rifiuto di “adeguarsi al resto del mondo”, a partire dal Sistema Internazionale di unità di misura, formalmente in vigore dal 1995 ma di fatto mai entrato veramente nell’uso comune inglese (si ricordi di quel barista polacco multato per aver servito birra in boccali tarati su litri e non su pinte , per finire con la tendenza a rifiutare di studiare le lingue straniere  (in parte giustificato dalle politiche linguistiche del mondo globalizzato che ha scelto l’inglese come lingua franca). Senza considerare altri fenomeni d’ostracismo ben più gravi, come l’estensione per il massimo periodo possibile (7 anni dall’adesione nell’UE) delle limitazioni agli ingressi dei cittadini di Romania e Bulgaria nel Regno Unito.
Certo, i britannici non sono gli unici a mettere bastoni tra le ruote della libera circolazione di romeni e bulgari (a causa del veto olandese, la loro più recente richiesta di ingresso nell’area Schengen è sfumata), ma di certo sono gli unici ad aver finanziato una campagna pubblicitaria a loro diretta e che si può riassumere così: “non venite nel Regno Unito. Fa sempre freddo e non c’è nemmeno lavoro e che ha suscitato un’ironica risposta da parte della testata romena Gândul: “perché non venite voi da noi? Abbiamo dell’ottimo cibo e delle belle donne” . In barba a ogni elucubrazione sulla “cittadinanza europea”.
Nel dicembre del 2009, il regime dei visti è stato eliminato per i cittadini di Serbia, Montenegro e Macedonia, i quali hanno iniziato a poter entrare senza visti nell’area Schengen per un totale di 90 giorni ogni sei mesi.  L’anno successivo, il “privilegio” è stato esteso ai cittadini di Albania e Bosnia ed Erzegovina, ma non ai cittadini della Turchia.
La Gran Bretagna è un caso da non sottovalutare anche se verrebbe da pensare che personaggi come Cameron sarebbe meglio perderli che trovarli,  e questa espressione, colloquiale ma efficace, potrebbe rivelarsi vera ed adatta al caso. Qualche giorno fa abbiamo assistito a una convergenza tra Angela Merkel e David Cameron sul bilancio. Un po’ ridicolo. La loro cooperazione sul taglio delle spese per la ricerca e la crescita aumenta le preoccupazioni perché resta il fatto che i due hanno finalità totalmente opposte. Il punto è, però, che nessuno può “fare ciò che vuole”, tantomeno i britannici: non può essere l’UE ad adattarsi a loro: “rinegoziamo i Trattati”, “usciamo dall’UE ma manteniamo relazioni privilegiate”, ne va della credibilità dell’Istituzione, del Progetto, dell’Idea.   Basta con l’Europa come un'opzione e solo se conviene. Una nave naviga solo se tutti remano nella stessa direzione: chi vuole farne parte deve tenerlo a mente. Altrimenti fuori, da tutto, e vedremo, senza il mercato unico e senza un’Unione Europea che parla inglese, chi sarà a rimetterci.
Si fa poco in U.K. in occasione di questo importante evento, per ricordare al popolo britannico che senza l'Europa e con la fine del loro impero coloniale, non rimarrebbe loro che un ulteriore isolamento  oltre a quello dovuto alla loro insularità e il distacco della SCOZIA, se un altro referendum darà ragione a quegli scozzesi che reclamano la loro indipendenza, darà la sveglia ai suo governanti "populisti" di turno. I motivi più importanti dietro l’iniziativa di Cameron sono puramente di carattere interno. Deve tenere a bada il suo partito e vuole dare agli elettori l’impressione di avere qualcosa da decidere. Detto questo, non è certo un contributo positivo al dibattito sull’integrazione europea. Eppure qualcuno l'ha preso sul serio. Ci sono stati predecessori di Cameron, da Harold Wilson a Lady Thatcher, che si sono mossi nella stessa direzione. L’unico leader inglese pro-europeo è stato Edward Heath. Harold McMillan fu quello che presentò la richiesta di adesione, ma soltanto per mettere le mani nella torta: il mercato comune è sempre stato il loro unico orizzonte. La politica britannica  ha bloccato più volte l'Europa, Cameron ci riprova, ma l'EUROPA "degli altri 27", saprà reagire!
Con l'inizio del 2013 la Commissione europea ha dato il via "all'Anno europeo dei cittadini", dedicato a tutti i cittadini europei e ai loro diritti. Quest'anno europeo coincide con un passaggio critico nell'integrazione dell'Europa e ricorre il ventesimo anniversario della cittadinanza dell'Unione, introdotta dal trattato di Maastricht nel 1993;  siamo anche a un anno dalle elezioni del Parlamento europeo. Fra due giorni si vota anche da noi e se l'on. Bersani, segretario del PD, sarà al governo dell'Italia, uno dei compiti che si è prefissato sarà quello non facile di ridare all'Italia il ruolo che le spetta, come Paese fondante dell'Europa e dare di nuovo un'anima, credibilità e impulso allo politica italiana a favore del rilancio del processo di integrazione dell'Europa, superando l'attuale fase di stallo in cui si trova, grazie alla politica di solo rigore e dei freddi numeri, imposta dalla Germania e perseguita con convinzione dall'attuale premier Monti. (Il compromesso unanime dei capi di Stato e di governo dei Paesi membri sulle prospettive finanziarie pluriennali 2014-2020, che prevede una diminuzione del bilancio di circa 35 miliardi, non è accettabile. Esso rappresenta l’ennesimo atto della volontà politica del Consiglio europeo di limitare la capacità dell’Unione di offrire ai suoi cittadini dei beni comuni a dimensione europea). L'Europa rimane l'unica realtà "politica-economica" del vecchio continente realizzabile, che può salvarci dal declino e garantire un futuro agli attuali 27 Paesi dell'Unione Europea, più Altri che si aggregheranno in futuro, rispetto al resto del mondo.

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