Il programma europeo del PD e "cenni sull'area geo-culturale europea".(1)

Un bell'evento quello organizzato a Torino, venerdì e sabato scorsi, dal partito democratico che aveva come tema principale l'Europa di oggi e quella che si vorrebbe avere in futuro, quando le forze progressiste torneranno a guidare i governi dei maggiori Paesi europei. L'anno scorso la svolta è iniziata in Francia con Hollande, sono seguiti altri Paesi ed ora si aspetta che ci sia una svolta anche nel nostro Paese, con la vittoria del centro sinistra a guida PD e con Pier Luigi Bersani, presidente del Consiglio, poi sarà la volta della Germania della Merkel che, con il suo rigore imposto agli altri Paesi, ha creato disoccupazione, recessione e disamoramento dell'opinione pubblica nei confronti della stessa Europa. Nel suo intervento proprio Bersani ha sottolineato come, in Italia, al di fuori del PD, non ci sia un altro partito sui cui poter contare per andare avanti nel progetto di integrazione europea, perchè quelli nati negli ultimi tempi sono frutto improvvisato di personalismi, etichettati dai loro stessi nomi, che esisteranno finché ci saranno loro come primi attori nella scena politica; via loro, dietro non rimarrà null'altro, se non brutti ricordi e fallimenti di politicanti e tecnocrati che hanno ridotto la persona umana a freddi numeri della diseguaglianza e della iniquità.

All'evento erano presenti, oltre a Bersani e D'Alema, personalità di primo piano di alcuni Paesi dell'Europa dei ventisette;  diciassette, tra premier e capi di Stato attuali e passati, ministri e sindaci, eurodeputati e segretari dei partiti di sinistra e di centrosinistra. Dal Regno Unito alla Romania, dalla Spagna ai Balcani, passando per il nucleo storico dell'Unione: Francia, Belgio, Germania, Italia, ma potremmo già dire dei ventotto perchè da luglio di quest'anno la Croazia entrerà a far parte dell'Unione Europea.

Sperando in un'integrazione europea che porti alla sua unione politica, unica soluzione non solo auspicabile ma necessaria, (con la globalizzazione e l'emergere di nuove potenze economiche, ogni singolo Stato da solo, sarebbe una semplice espressione geo-fisica sulla cartina geografica),  pur se il sogno degli Stati Uniti d'Europa  potrà realizzarli gradualmente, è legittimo chiedersi: ma dove incomincia e dove finisce l'Europa?

Non esiste una definizione dell’'Europa che sia universalmente accettata e faccia testo, e questo per il semplice motivo che ci sono tante definizioni possibili quanti sono i punti di vista da cui si vuol partire: "punto di vista politico, storico, geografico o culturale".

L'Europa è innanzitutto un continente, e in quanto tale dovrebbe avere una delimitazione geografica precisa; Ma vedremo che non è così e che i confini di questo "continente", almeno a oriente, sono tutt'altro che certi. L'Europa può anche essere intesa come creazione politica: "Unione europea", in tal caso la sua definizione è istituzionale, contemporanea e a geometria variabile, a seconda della data presa in considerazione. In genere ci riferiremo all'unione europea nella configurazione degli anni 1990-2000, prima dell'allargamento all'Europa ex comunista.

Parleremo anche di quei Paesi, ma non saremo né potremo essere altrettanto sistematici quanto tenteremo di esserlo a proposito dei “Ventisette”. I due blocchi differiscono molto per la mole delle informazioni disponibili; inoltre, il passaggio attraverso il comunismo ha avuto conseguenze, sicuramente importanti ma, per il momento, ancora mal documentate.

L'Europa è anche un'«area culturale», una zona geografica in cui alcuni valori e modelli culturali sono stati elaborati, sviluppati e posti in essere. La "civiltà europea"  prende forma alla fine del I.o millennio, inizialmente tra la Loira e la Schelda, su una base di cristianesimo nelle varianti che saranno elaborate prima dal cattolicesimo e, più tardi, dalle diverse forme di protestantesimo. Essa si estende progressivamente fino ad abbracciare la Spagna della “Reconquista”, i Paesi scandinavi e buona parte della Mitteleuropa, cioè quella vasta area che di solito si definisce, complessivamente, Europa occidentale. La sua zona di espansione si confonde in parte, ma non del tutto, con quella dell'Unione Europea.

Sotto l'aspetto della geografia fisica, l'Europa è l'estremità del continente eurasiatico, ma il confine tra la parte europea e quella asiatica non è evidente; c'è "incertezza sui limiti geografici". Lo pseudo confine degli Urali, che il generale De Gaulle evocava, andava dall'Atlantico agli Urali; così facendo si riallacciava alla consuetudine che indica quella catena montuosa come confine d'Europa. I geografi però sono molto reticenti e tendono a vedere in questa prassi una semplice convenzione, priva di reale consistenza materiale.
Gli Urali formano una catena montuosa non molto alta (2.000 metri), facile da superare (la Transiberiana l'attraversa senza mai salire oltre i 400 meni di altitudine). E solo in parte una frontiera climatica, poiché il limite tra l'area oceanica e quella continentale passa molto più a ovest nel continente: a ovest di Berlino e molto a ovest rispetto a Vienna. Neppure le montagne costituiscono una frontiera naturale tra grandi aree del paesaggio vegetale.

In questa parte del continente eurasiatico, le differenze si distribuiscono secondo l'asse nord-sud piuttosto che secondo quello est-ovest e la regione degli Urali appartiene interamente all'area della taiga. Quanto al popolamento e alle occupazioni del suolo, c'è una forte similitudine sui due versanti. Del resto, dal punto di vista attuale della Russia, gli Urali sono percepiti come una circoscrizione amministrativa o una regione montuosa piuttosto che come una frontiera.
In realtà sembra che il confine degli Urali sia stato fissato dal geografo russo Tatischev su richiesta di Pietro il Grande, che mirava a "occidentalizzare" la Russia. Più  che di ordine geografico, le preoccupazioni erano dunque di ordine politico e culturale. Occorreva tracciare una frontiera a est per visualizzare la duplice appartenenza della Russia: da una parte all'Europa e dall'altra d'Asia.
Al contrario certi geografi russi, sulla scia di Tatischev, in base ad argomenti relativi al popolamento ed alla geografia fisica, hanno sostenuto che in realtà tutto l’impero russo costituisce una sola realtà geografica e non deve essere diviso in una parte europea e una asiatica; in quest'ottica, gli Urali e il Volga si considerano elementi secondari rispetto all'unicità suggerita dalla grande piana eurasiatica. Perciò tutto l'Impero (a quel tempo sovietico) sarebbe più o meno chiaramente associato a una sola zona geografica, delimitata da frontiere naturali. In questo caso si persegue lo scopo inverso: distinguere chiaramente la Russia dall'Europa occidentale.

Dopo la Croazia, che a luglio entrerà a far parte dell'U.E., come ventottesimo Stato dell'Unione, altri Paesi dei Balcani sono in lista d'attesa per entrare in Europea, ma finito il blocco sovietico altri ancora, di quella parte geografica orientale del continente che comprende anche qualche ex repubblica dell'URSS, chiederanno di entrare a far parte di questo nostro mondo che ha posto come fondamento della sua esistenza, quei valori preziosi e  irrinunciabili che sono "la pace, la solidarietà, la giustizia, il benessere sociale".

Questa è l'Europa che ci hanno consegnato i Padri fondatori e che noi vogliamo e dobbiamo continuare a costruire per lasciarla in eredità alle nuove generazioni e questa è la patria di cui vorrebbero far parte tanti altri popoli. Il  PD ha posto come obiettivo della sua azione di governo la costruzione degli Stati Uniti d'Europa; solo delle forze progressiste potranno realizzare questo sogno che richiederà un costante impegno e uno sforzo comune con gli altri governi progressisti d'Europa, per sconfiggere il populismo, l'egoismo  dei conservatori che, in alcuni Paesi, ha messo a repentaglio la democrazia e in altri ha prodotto impoverimento. Dobbiamo rivalorizzare la solidarietà sconfiggendo quelle "forze politicanti" che anche in casa nostra vorrebbero uscire dall'area "euro", (Grillo, Maroni che, per attrarre consenso, dice di volere stampare una moneta lombarda (che si chiamerà "maronite") altri ancora, senza ricordare quali benefici ci ha reso l'euro e spiegare (o capire) quali gravi conseguenze subiremmo con il suo abbandono, a partire da una pesante svalutazione, dall'impoverimento ulteriore e dall'isolamento del nostro Paese nel contesto europeo.

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