Il Processo di Globalizzazione

Con le ferite ancora aperte della grande depressione degli anni trenta furono istituiti il

- Il FMI doveva occuparsi della stabilità dell’economia mondiale,, ma ha solo cercato di salvare i creditori occidentali anziché aiutare i Paesi e le popolazioni in difficoltà

- La BANCA mondiale, organizzazione internazionale preposta a promuovere lo sviluppo,

Questi due istituti hanno operato in modo corretto?

Aspetti positivi, avrebbe dovuto essere un benessere distribuito per tutti, invece la forbice tra ricchi e poveri si è allargata, Aspetti negativi soprattutto per i Paesi sottosviluppati, dove si vive ancora un reddito di 2 dollari al giorno e spesso la giornata va via per procurarsi un po’ di acqua potabile.

Di fatto la globalizzazione economica si è sviluppata più in fretta di quella politica e non sono state prese quindi misure adeguate perché questo processo fosse incanalato e controllato in modo da limitare gli squilibri..

Si discute dei problemi in modo frammentario e non sempre ciò che è necessario fare è fatto da tutte le nazioni. Soprattutto non è fatto da chi ha la maggiore responsabilità. Si affronta il problema del riscaldamento del pianeta, ma chi inquina di più? Gli Stati Uniti e la loro popolazione non è consapevole e sensibile come lo siamo noi in Europa.

Un quarto di secolo fa, tre grandi scuole di pensiero entrarono in competizione tra di loro:

-il capitalismo del libero mercato,

-il comunismo,

-l’economia di mercato gestita.

Ma l’America che era (lo è ancora?) considerata il faro del libero mercato, nel XIX secolo, è intervenuta nell’economia ogni volta che è stato utile farlo con:

- la concessione gratuita di terre demaniali per la costruzione della ferrovia dell’ovest,

- con il sistema delle università agrarie,

- finanziò la prima linea telegrafica,

- nel XX secolo si fece carico della ricerca che portò alla nascita di internet.

Liberalizzare non vuol dire svendere i beni pubblici a favore dei privati, come si è fatto in Italia negli ultimi anni, se poi non c’è una vera concorrenza questa operazione crea oligopoli che favoriscono pochi a scapito della collettività.

In nome del libero mercato si vorrebbe cambiare l’art. 41 della costituzione, la panacea di tutti i mali dell’economia italiana. E’ ancora una volta un falso problema, fumo negli occhi, perché comunque ammesso e non concesso che possa servire a qualcosa, occorre un anno e mezzo per modificare quest’articolo che fa parte della prima parte, quella dei principi, che non dovrebbe essere toccata. L’Art. 41 recita: l’iniziativa privata è libera, non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. Cosa vorrebbero cancellare da quest’articolo, forse la dignità umana?

Oggi i Paesi in via di sviluppo devono mettere in pratica ciò che è stato sperimentato altrove quindi il compito sarebbe meno arduo di quanto ad esempio è stato fatto in Europa e in America nel XIX secolo durante la fase dell’industrializzazione.

Ciononostante l’ostacolo si è rilevato insormontabile meno che in Asia, esempio di sviluppo economico mai visto al mondo. La Cina in circa un quarto di secolo ha fatto passi veramente da gigante in tutti i campi. Proprio di recente è stata inaugurata una linea ferroviaria ad alta velocità (400Km. l’ora), lunga ben 3000 Km. Dal 1978 i redditi sono aumentati di otto volte.

Ci sono differenze sostanziali negli stessi Paesi in via di sviluppo:

America Latina e Africa da una parte, Asia dall’altra, e qui la politica ha fatto in modo che il miglioramento delle condizioni di vita interessasse tutta la popolazione, assicurando occupazione parallelamente all’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, oltre alla stabilità dei prezzi.

In Indonesia la povertà è diminuita considerevolmente tra il 1987 e il 2002, dal 28% all’8%.

In Malesia nel 1960 il reddito procapite era di 784 dollari, oggi è superiore a 4000 euro.

In questi Paesi è stato incoraggiato il risparmio e le risorse per gli investimenti è venuto dalle famiglie. E’ incredibile, l’entità dal risparmio rispetto al PIL è del 25%, come valore medio. Oggi la Cina ha un risparmio del 40% del PIL che nel 2010 ha raggiunto quota 5.875 miliardi di dollari, superando in tal modo il PIL del Giappone che ha avuto un PIL di 5.475, portandosi in tal modo al secondo posto, dopo gli Stati Uniti che ha un PIL di circa 16.000 dollari.

I Paesi dell’America Latina, dopo aver applicato la ricetta del cosiddetto Washington Consensus, che li obbligativa a privatizzare le risorse nazionali, non hanno avuto lo stesso successo. L’Argentina in particolare dopo una ripresa di breve durata è di nuovo sprofondata in una grave crisi, a conferma che le liberalizzazioni servono spesso a favorire interessi privati più che a portare vantaggi reali all’economia.

I fallimenti della Russia e di gran parte dei Paesi in transizione dal comunismo sono stati più gravi di quanto dicano le statistiche. Il dato più significativo per la prima è la diminuzione dell’aspettativa di vita di ben 4 anni a causa di una indigenza sempre più diffusa. Inoltre le ricette suggerite di una terapia d’urto per il passaggio più rapido possibile al capitalismo con la liberalizzazione dei prezzi e la privatizzazione delle risorse pubbliche, ha portato a un aumento vertiginoso dei prezzi. In Ucraina i prezzi in un anno sono cresciuti del 3300%. Le rapide privatizzazioni hanno messo in mano ai privati, che in definitiva erano soprattutto coloro che facevano parte dell’apparato burocratico e del partito (oligarchi), i beni più preziosi a prezzi “irrisori”, così in poco tempo si è creata una casta ristretta di super ricchi a scapito della maggior parte della popolazione sempre più povera.

I Paesi dell’ex blocco sovietico che sono riusciti a cavarsela meglio sono stati quelli che avevano la prospettiva di far parte dell’UE. Questi intanto non hanno applicato la terapia d’urto, e quando sono entrati a farne parte hanno subito tratto dei vantaggi perché il costo della loro manodopera era e tuttora e più basso e i loro prodotti posso essere venduti ad un mercato vasto com’è quello europeo. Insomma i suggerimenti dati dal FMI sono stati fallimentari, in tutte le aree del mondo, Africa, America Latina, Paesi ex comunisti, ma nessuno di coloro che ne fanno parte sono mai stati chiamati a rispondere delle loro decisioni e spesso delle loro imposizioni che dovevano essere eseguite se si voleva che fossero da loro concessi gli aiuti di cui i Paesi avevano bisogno.

In Africa la globalizzazione non ha portato alcun beneficio e anzi negli ultimi due decenni il numero dei poveri è raddoppiato.

In India si è puntato molto sull’high-tech e sull’informatica investendo molto sull’istruzione ed è stato molto vantaggioso perché comunicando via satellite con l’occidente e non avendo merci da trasportare, hanno bypassato il problema della mancanza di strade.

L’India ancora più della Cina ha operato affinchè i vantaggi dello sviluppo arrivassero a tutta la popolazione.

Il numero di laureati in ingegneria e discipline scientifiche in Asia è il triplo rispetto agli USA.

I governi dell’Est asiatico hanno capito che il successo in economia richiede anche stabilità sociale e politica e questi a loro volta richiedono livelli occupazionali elevati e disuguaglianze minime. Non solo sono stati scoraggiati consumi eccessivi ma anche le disparità esagerate nei salari. In Cina, almeno nella prima fase dello sviluppo, gli alti dirigenti venivano pagati non più del triplo di un normale lavoratore, in Giappone non più di 10 volte. Di contro negli USA negli ultimi anni la differenza è di qualche centinaio di volte.

Non c’è una ricetta valida per tutti i Paesi, ma si può anche dire che il mercato da solo non basta a equilibrare l’economia. Occorre un mix Stato-privato. I problemi e le soluzioni nel sociale, istruzione, sanità, pensioni, ordinamento giuridico, concorrenza, settore bancario, ambiente, occupazione, posso essere affrontati in modo equo solo dallo Stato.

Occorre mettere le persone al centro dello sviluppo: se si investe su un macchinario ci sarà un ROI per i prodotti che questo riesce a produrre, se si investe sulla persona, oltre ai risultati del suo lavoro, ci sarà un ROI anche per la sua creatività.



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