Manovra finanziaria - ecco le controproposte dei democratici:

Firmato e promulgato il decreto della seconda manovra finanziaria di questo governo, a distanza di qualche settimana dalla prima, qualcuno si è premurato nell’affermare che l’Europa l’ha accolta positivamente, non precisando che all’Europa interessa soprattutto la sua entità, al fine di risanare i conti.
La qualità di tale manovra invece è solo da biasimare, sia perché a pagare sono sempre gli stessi e perché nulla è previsto per la crescita dell’economia. Sono molti i punti da cambiare e da Bersani, leader del maggior partito dell’opposizione, ecco una serie di punti alternativi per affrontare l'emergenza, perché la "Manovra Tremonti” e di questo governo è iniqua e non adatta alla ripresa del PIL".

Tra le proposte dismissioni immobili pubblici, liberalizzazioni e meno oneri sociali e investimenti su tecnologia e ricerca.

Infatti per il PD e penso per tutti i cittadini di buon senso e che hanno a cuore l’avvenire dell’Italia, questa manovra è iniqua e inadeguata che suscita l’ira di Regioni, Comuni, Province perché i "tagli” sono insostenibili. Per il Pd le decisioni prese dal Consiglio dei ministri "sono inadeguate e poco credibili rispetto alla sfida che il Paese ha di fronte". Non solo. Sono "fortemente inique sul piano sociale e fiscale". In sintesi, per i democratici, la manovra del governo scarica il costo del rientro dal deficit pubblico sui ceti popolari e sugli onesti che pagano le tasse. E' inoltre un intervento destinato a deprimere l'economia invece di rilanciarla e non prevede nulla di significativo per la crescita.

Dal PD arriva dunque una "contromanovra" per affrontare l'emergenza, "con soluzioni più eque ed efficienti" e soprattutto "in grado di fornire un sostegno selettivo alla crescita".

Ecco i punti:

1) Una tantum sui capitali esportati. Si prevede un prelievo straordinario una tantum sull'ammontare dei capitali esportati illegalmente e scudati, in modo da perequare il prelievo su questi cespiti alla armonizzazione della tassazione sulle rendite finanziarie al 20 per cento e di adeguare l'intervento italiano alle medie delle analoghe misure prese nei principali paesi industrializzati. Gran parte di questi 15 miliardi dovrà essere utilizzata per i pagamenti della Pubblica Amministrazione nei confronti delle piccole e medie imprese e per alleggerire il patto di stabilità interno così da consentire immediati investimenti da parte dei comuni. Certamente un passo avanti significativo, ma questi signori che hanno esportato illegalmente capitali e che sono stati premiati, pagando solo il 5% con lo scudo fiscale, dovrebbe pagare il 43% e non il 20%, come da questa proposta del PD e così si recupererebbero 38 miliardi, più volte da me denunciati in articoli precedenti, e non 15.

2) Lotta all'evasione. Un pacchetto di misure efficaci e non solo di facciata contro l'evasione fiscale, tali da produrre effetti immediati, consistenti e concreti. Si propongono dunque alcuni interventi, tra i quali figurano le misure anti-evasione che in parte riprendono quelle dolosamente abolite dal governo Berlusconi: tracciabilità dei pagamenti superiori a 1.000; obbligo di tenere l'elenco clienti-fornitori, il vero strumento di trasparenza efficiente; descrizione del patrimonio nella dichiarazione del reddito annuo con previsione di severe sanzioni in caso di inadempimento. A questa misura aggiungerei l’obbligatorietà da parte dei notai di chiedere la denuncia dei redditi degli ultimi 5 anni a coloro che si presentano nel loro studio per la costituzione di nuove società, onde evitare la frode al fisco con le cosiddette “teste di legno”.

3) Imposta progressiva sui valori immobiliari. Il Pd vuole l'introduzione di un’imposta ordinaria sui valori immobiliari di mercato, fortemente progressiva, con larghe esenzioni e che inglobi l'attuale imposta comunale unica sugli immobili, in modo di ricollocare l'Italia nella media e nella tradizione di tutti i maggiori paesi avanzati del mondo.

4) Dismissioni immobili pubblici. Nella proposta democratica un piano quinquennale di dismissioni di immobili pubblici in partenariato con gli enti locali (obiettivo minimo 25 miliardi di euro).

5) Liberalizzazioni. Il Pd propone di realizzare immediatamente almeno una parte delle proposte di liberalizzazione che il partito ha già preparato e presentato: ordini professionali, farmaci, filiera petrolifera, RC auto, portabilità dei conti correnti, dei mutui e dei servizi bancari, separazione Snam rete gas, servizi pubblici locali. Il Pd è contro la privatizzazione forzata, ma non contro le gare e la liberalizzazione dei servizi pubblici locali. Tutto questo si può fare immediatamente senza bisogno di riforme costituzionali.

6) Politiche industriali per la crescita. Bersani propone subito misure concrete per alleggerire gli oneri sociali e un pacchetto di progetti per l'efficienza energetica, la tecnologia italiana e la ricerca, con particolare riferimento alle risorse potenziali e sollecitabili del Mezzogiorno.

7) Pubblica amministrazione, istituzioni e costi della politica. Nella proposta democratica si legge che in Italia la riduzione della spesa deve riguardare non tanto sulla spesa sociale, ma l'area della Pubblica Amministrazione, le istituzioni politiche e i settori collegati. A Cominciare dal Parlamento: il primo passo è il dimezzamento del numero dei parlamentari. Il Pd ha presentato da tre anni proposte specifiche su questo punto. Su sollecitazione dei gruppi parlamentari del Pd la discussione su questi progetti è stata calendarizzata in Parlamento per settembre. Si agisca immediatamente. Da lì in giù, bisogna intervenire su Regioni, Province, Comuni con lo snellimento degli organi, l'accorpamento dei piccoli comuni, il dimezzamento o più delle province secondo l'emendamento presentato dal Pd e dall'Udc alla manovra di luglio o, in alternativa, riconducendole ad organi di secondo livello, accorpamento degli uffici periferici dello Stato, dimezzamento delle società pubbliche, centralizzazione e controllo stretto per l'acquisto di beni e servizi nella pubblica amministrazione.

INOLTRE aggiungerei, oltre alle integrazioni ai punti sopra citati con il testo sottolineato, altri punti che prevedono:

A) ripristino della legge sul reato del falso in bilancio.
Il governo Berlusconi, con una riforma del 2002, ha inserito alcuni limiti di punibilità: al di sotto di una certa soglia, il reato è stato derubricato a illecito amministrativo.

B) vendita del 25% dell'oro di Bankitalia,
del valore stimato, coi prezzi attuali, di circa 100 miliardi di euro, come hanno già fatto da tempo molti Paesi aderenti all'area euro, per poter iscrivere 25 miliardi derivanti dalla cessione, a riduzione del debito pubblico.

C) l'introduzione di un'imposta sui patrimoni immobiliari rilevanti a partire da un determinata soglia, che ovviamente escluda la prima casa.

D) Pensionamenti dei lavoratori in mobilità: qualsiasi slittamento dovessero subire le date di pensionamento è necessario tener presente che esso non dovrà essere applicato a tutti coloro che stanno maturando il pensionamento con le regole attuali e sono in mobilità. Per essi l’eventuale nuova normativa non dovrà essere applicata.

E) ripristino degli incentivi sulle fonti energetiche rinnovabili.

F) ripristinare le regole sul controllo della tracciabilità dei rifiuti.

In più: la ripresa di un vero lavoro di spending review, interrotto dal governo Berlusconi, dal punto di vista di una politica industriale per la pubblica amministrazione. Il Pd ha proposte specifiche su ciascuno di questi punti. In particolare sui costi della politica il riferimento è il programma contenuto nell'ordine del giorno presentato due settimane or sono in Parlamento.

"Sulla base di questi punti", dice Bersani "dal 20 agosto in poi, una volta esaminato il testo presentato dal Consiglio dei ministri, ci rivolgeremo alle forze sociali e alle opposizioni per aprire un confronto volto a perfezionare la proposta alternativa agli interventi del governo, a presentare gli emendamenti in Parlamento ed a sollecitare il sostegno dell'opinione pubblica per il cambiamento di una manovra depressiva, poco credibile e ingiusta".

L’eliminazione delle province sotto i 300.000 abitanti e con una superficie territoriale superiore ai 3.000 chilometri quadrati nonostante abbiano meno di 300mila abitanti, non è un criterio equilibrato che può valere per tutto il territorio nazionale e in tutte le situazioni. Se ad esempio prendiamo il Piemonte, in questa regione sarebbero cancellate quattro province su otto, cioè la metà e lo spreco di denaro, per i disservizi che si verrebbero a creare, sarebbe maggiore dei fantomatici risparmi e benefici. Il Molise rimarrebbe senza province.
In Sicilia dove sarebbero cancellate le province di Caltanissetta e Enna, entrambe al centro dell’isola, sarà molto difficile che i rispettivi comuni siano in grado di fare fronte alle funzioni (e ai problemi connessi), oggi svolte delle due province e un eventuale conferimento delle funzioni della provincia di Enna a quella di Caltanissetta produrrebbe solo enormi sprechi e si creerebbe un vuoto incolmabile con un danno superiore al risparmio che si vorrebbe realizzare.
Nei prossimi 60 giorni (tempo di conversione del decreto in legge) a partire dal 13 agosto, giorno in cui il presidente della Repubblica ha firmato e emanato il decreto, si dovranno raddrizzare le tante storture contenute in esso, a partire dalla reintroduzione dell’AUMENTO IRPEF per gli AUTONOMI che era previsto ma poi scomparso, per i redditi a partire almeno da 35 mila e non 55 mila e si spera che le proposte del PD, equilibrate ed eque, una delle quali riguarda il recupero di risorse dallo scudo fiscale, si facciano strada.

Lino Mattaliano

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