L'Europa che verrà

La crisi che stiamo vivendo e il risultato deludente dell'ultimo G-20 di Cannes, mi danno l'occasione per soffermarmi sul tema in oggetto. Ci sono state trasformazioni storiche istituzionali nella definizione di che cosa sia l'Europa oggi e cosa rappresenti per i suoi cittadini. Si sono modificate le sue dimensioni, laddove inizialmente l'Europa era stata un’unione ristretta tra i Paesi usciti dalla guerra e desiderosi di cooperare per la ripresa economica.



Oggi l'Europa non è più solo questo, anzi le crisi, quale quella attuale, aprono prospettive di ulteriore crescita e definizione del processo politico europeo. L'Europa, osteggiata dalle forze nazionaliste e sostenuta dall’altra parte da “ideali nobili" che hanno coltivato il sogno di un continente dotato di una sua forza e autonomia politica, è oggi una necessità. Tanto se si vuole difendere le conquiste del modello sociale affermatosi nei diversi Stati, quanto se si vuole disporre ancora di difese rispetto all’invadenza dei mercati e della finanza, l'Europa ha bisogno di una Costituzione. Come e quando ciò si verificherà in senso pieno e completo resta un punto di domanda tuttora aperto, perché l'Europa ha una sua struttura istituzionale, ma risulta ancora solo parzialmente in grado di far sentire la sua presenza ai cittadini. Passo dopo passo, occorre per proseguire nel lavoro di integrazione, una guida comune dell’economia. Non si pretende che tutto d’un fiato arrivino gli Stati Uniti d’Europa, se mai saranno uguali a quelli d’America; negli anni, tuttavia, proprio di fronte alla delicata congiuntura socio - economica internazionale, ha visto crescere la sua legittimazione.



Rispetto al 2005, anno della bocciatura in Francia e Olanda, del Trattato che adottava una Costituzione per l'Europa, si sono compiuti passi in avanti, con la semplificazione della sua architettura nella sintesi del Trattato di Lisbona, in vigore dal 2008. Questo Trattato porta alcuni passi in avanti sul tema della trasparenza e dei meccanismi di funzionamento interno, per esempio con l'istituzione dell'Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune. Ma per funzionare in senso pieno, l'Europa, secondo l'opinione di molti, ha bisogno di non essere più solo un mercato, ma di avere capacità di governo, partendo dalla valorizzazione della sua identità. Gli studiosi hanno il compito di registrare i passi in avanti di questo processo, a partire dal mutamento giornaliero da cui è interessata e che sembra non essere del tutto compreso come fonte di vitalità. Nello stesso tempo occorrerebbe, a mio modesto parere, una pausa di riflessione sui nuovi arrivi dei Paesi Balcanici, quanto basta affinché si abbia un tempo sufficiente di consolidamento della sua attuale configurazione dei 27 Paesi facenti parte oggi dell’Unione Europea.



Occorre infatti tener presente e valorizzare le doti che l'Europa sembra avere circa una sua capacità di apprendere dai propri errori e andare avanti, anche se con tempi lenti e tra molti veti. Non tutti sono d'accordo sulle linee fissate da istituzioni forse troppo centrate su Bruxelles e meno presenti nelle capitali europee. Tuttavia, come ha già affermato Valéry Giscard D'Estaing, arriverà un grande atto unico e fondatore, per una Europa costituzionalizzata e in grado di rispondere efficacemente alle sfide della globalizzazione, rispetto alla quale la struttura dello Stato nazione appare in via di sbriciolamento, forse anche perché non sempre ha una visione complessiva e/o una propensione a guardare oltre i suoi confini. In particolare l’Italia in questo momento soffre di “miopia”, si direbbe in gergo che non riesce a vedere oltre il proprio naso e certe uscite infelici di questi giorni, sull'inutilità dell’euro, (che ci ha salvato dal fallimento), mette ben in evidenza questo difetto visivo che non fa vedere in prospettiva futura quanto sia importante per l’Europa, se vorrà ancora avere un ruolo da svolgere nel mondo globalizzato, procedere verso una maggiore integrazione. A difenderci dalla morsa in cui ci troviamo, tra debito pubblico e interessi da pagare, tra interessi di parte e miopia dei politici di casa nostra, potrà essere un presidente della fantomatica Padania, o quello della Catalogna, delle Fiandre o anche della ricca Baviera? La verità è che addirittura gli stati-nazione, baricentro della geopolitica moderna, non sono più in grado di dare delle risposte ai problemi immani posti dalla speculazione finanziaria internazionale e dalla globalizzazione; purtroppo al G 20 di Cannes non si è deciso nulla su questi due ultimi temi citati e le risposte che attentavamo non sono arrivate, soprattutto l'adozione di strumenti per porre un freno alla speculazione finanziaria. La difesa rispetto ad una deriva che può portare gli Stati membri ad essere troppo deboli rispetto alle forze globali in gioco è proprio nell'integrazione tra di loro. Inoltre, si sarà del tutto incapaci di controbilanciare il peso di superpotenze come la Russia, la Cina, gli Stati Uniti e gli equilibri planetari potranno risentirne.



L'Europa gioca la sua partita soprattutto tra i suoi cittadini, per la conoscenza di quanto si verifica in Essa e di quali siano i vantaggi. Può essere utile sapere che “la comunicazione” sul tema abbonda, ma che spesso non si è al corrente della vastità di iniziative che l'Europa propone, perché le notizie sono appannaggio dei pochi addetti ai lavori e di chi, per curiosità e per passione cerca di seguire gli avvenimenti e le iniziative in campo europeo. Occorrerebbe una comunicazione televisiva europea più presente nei programmi. Non ho dati che dicano quanti sono i collegamenti quotidiani ai siti europei. La comunicazione sull'Europa è spesso non legata al territorio e si distingue più quella dell'emergenza. Sarà interessante scoprire, nel corso del tempo, come i cittadini avranno contribuito, proprio sul versante della comunicazione, a costruire l'Europa con il dibattito e il dialogo. Se questa ricerca avrà dato risultati positivi dal punto di vista della capacità dei cittadini di offrire un contributo apprezzabile, vorrà dire che non sono solo le lobby a trainare i processi decisionali europei. In caso contrario, si avrà una conferma del fatto che l'Europa va resa ancora più trasparente e che non ha ancora raggiunto il suo livello di funzionamento ottimale, possibile solo a patto che la popolazione si senta rappresentata e si riconosca nelle istituzioni europee.

L'Europa economica non basta più, ma l'Europa politica stenterà ad affermarsi se nell'era della comunicazione globale le persone che giustamente vogliono sapere chi decide e controlla direttamente l'iter delle scelte, non sono informate. Gli Stati, e i loro governi, non bastano più, ma il potere sopra di essi non può prescindere dai principi base della democrazia rappresentativa.

E', dunque, tempo di raccogliere un testimone di speranza dalla generazione che ci ha preceduto, che ha posto le basi della nostra unità, dalle prime forme di cooperazione fino al “traguardo” dell'euro, oggi non compreso a pieno e qualche volta ordinariamente e banalmente non condiviso, proseguendo con una maggiore integrazione economica e politica.

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