Il trattato "Fiscal Compact" alla firma al Consiglio Europeo del 1 marzo, ma poi?

Al Consiglio europeo che si è aperto il 1 marzo la priorità è stata la firma del trattato, nominato "Fiscal Compact". Ma contro il rigore imposto dalla Germania cresce la fronda che chiede sostegno alla crescita. Il presidente francese Nicola Sarkozy l'ha sostenuto strenuamente, in appoggio alla cancelliera tedesca Angela Merkel. Il suo avversario socialista François Hollande promette di rinegoziarlo se sarà eletto presidente della repubblica. Il trattato fiscale è stato sottoposto alla firma di 25 Capi di Stato e di governo europei, venerdì 2 marzo a Bruxelles, solo Regno Unito e Repubblica Ceca si sono astenuti, ma il dibattito su di esso non è ancora chiuso. Questa firma apre la strada a una procedura di ratifica che si annuncia delicata, nel momento in cui la crisi del debito conosce una relativa tregua dopo il salvataggio della Grecia. Martedì 28 febbraio il premier irlandese Enda Kenny ha annunciato a sorpresa l'intenzione di organizzare un referendum sul trattato. In Francia, Sarkozy ha deciso di non procedere alla ratifica prima delle presidenziali del 22 aprile e 6 maggio e delle legislative del 10 e 17 giugno, ma se sarà rieletto vuole affrontarla al più presto. Se invece sarà Hollande a vincere, molti a sinistra non vogliono saperne della ratifica.
Al vertice europeo di giugno sperano di aumentare il peso della crescita e della governante economica in un trattato concepito soprattutto per inscrivere nel marmo la disciplina di bilancio cara a Merkel. Il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, che i Capi di stato e di governo hanno confermato per altri due anni e mezzo, (il nuovo mandato durerà dal 1 giugno 2012 al 30 novembre 2014), vuole evitare che venga rimessa in causa la ratifica dell'altro trattato, quello sul Meccanismo europeo di stabilità. Sotto pressione per aumentare il peso di questo fondo di soccorso permanente, la Germania ha insistito perché i due testi fossero politicamente legati.
L'opposizione tra Sarkozy e Hollande sul nuovo trattato riflette il dibattito in corso tra i ventisette Paesi dell'U.E.. Dopo aver dato la priorità all'austerity sotto la pressione dei mercati, devono discutere sul miglior modo di sostenere le loro economie senza aumentare il deficit. I piani di austerity, in vigore in tutto il continente, sono sempre più contestati da sindacati e opinione pubblica in seguito all'aumento della disoccupazione nei Paesi più fragili. Secondo molti, l'austerity rischia di aggravare la recessione. “Stiamo insistendo troppo sulle sanzioni finanziarie e i pacchetti di tagli”, ha dichiarato il socialista Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo, durante una visita ad Atene. Gli allarmi in questo senso si sono moltiplicati.

Dodici Paesi, tra cui Italia, Spagna, Paesi Bassi, Regno Unito e Polonia, hanno chiesto di cambiare la rotta economica difesa dal tandem Merkel-Sarkozy. “La crisi che stiamo attraversando è anche una crisi di crescita”, hanno affermato in una lettera scritta su iniziativa di Mario Monti. Nelle idee dei dodici firmatari, però, il rimedio sta nelle liberalizzazioni, nella riforma del mercato del lavoro e nella maggiore apertura commerciale del continente. Queste non sono affatto le soluzioni sostenute dalla sinistra francese. La recessione che minaccia i ventisette inquieta anche i loro partner internazionali. A breve termine la questione è anche – e forse soprattutto – precisare le modalità di applicazione del patto di stabilità e crescita, rinforzato nello scorso autunno. La Spagna chiede di rivedere al ribasso gli obiettivi prefissati, contro il parere della Commissione e della BCE. Un problema che rischia di complicare l'inizio del mandato del prossimo presidente francese: proteggere la credibilità del dispositivo di sorveglianza collettiva che emerge a poco a poco dalla crisi dell'eurozona.

Intanto la BCE continua a immettere liquidità sul sistema creditizio europeo e lo "spread" dei Paesi indebitati continua a scendere, perchè le banche ricevono il prestito a 3 anni, all'1% e quindi trovano conveniente comprare i titoli di Stato in scadenza (o nuovi) lucrando sulla differenza del rendimento che varia oggi dal 3 al 5%; ma fino a quando?
Sono infatti 529,5 miliardi di euro, che le banche dell’eurozona hanno ottenuto oggi dalla Bce, al convenientissimo tasso dell’1%, nella seconda maxi-asta di rifinanziamento a 3 anni dell’Eurotower. 139 miliardi sono per gli istituti di credito italiani. La stima prevista era di 470 miliardi. L’importo complessivo richiesto è superiore anche ai 489 miliardi della prima, analoga, maxi-asta di dicembre. A Francoforte si sono presentate 800 banche dell’eurozona contro le 523 dello scorso anno.

L’inondazione di denaro da parte della Banca centrale europea ha di certo giovato allo spread Btp-Bund, che è sceso sotto i 308 punti base, ai minimi dal settembre 2011. Il rendimento del Btp a 10 anni è al 5,21%. I rendimenti sui Btp a due anni scendono sotto quelli spagnoli. È il primo sorpasso sulla Spagna, nell’era Monti. La speranza è che tanta liquidità possa allentare la stretta del credito e finalmente convinga le banche ad aiutare le imprese, per contribuire al rilancio produttivo.

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