I vantaggi immeritati dell'Inghilterra nell'Europa!

Quando si parla di finanziamento ai partiti, di fronte allo sperpero e all'uso improprio e a volte illegale di somme spropositate, l'indignazione di tutti noi sale alle stelle ma è anche facile fare di ogni erba un fascio e perdersi nei meandri del qualunquismo e della demagogia. Bisognerebbe ricordarsi che cancellare i finanziamenti pubblici tout court e intraprendere una nuova via, facendo finanziare i partiti dai privati, vuol dire mettere in mano alle lobby e agli interessi privati la politica italiana. La soluzione a problemi di questa natura si ottiene con il rigore sia materiale che etico. Ma se si allargano gli orizzonti e si va a vedere come sono spesi i soldi nelle istituzioni europee si scopre che il costo della "tassa linguistica" inglese è 26 volte i miliardi dei partiti, e non in 17 anni bensì ogni anno; è l'ERA (Esperanto Radikala Asocio o Associazione Radicale Esperanto), a denunciarlo.
Ma merita l'Inghilterra, con la sua lingua, una tale posizione di vantaggio, visto che spesso è un ostacolo a una maggiore integrazione dell'unione Europea?
Molto si è discusso negli ultimi mesi sulla posizione intransigente e bellicosa del Regno Unito nei confronti dei più recenti sviluppi istituzionali e politici dell’Unione Europea.
Il patto di bilancio (o fiscal compact, per i tecnici Trattato sulla Stabilità, Coordinamento e Governance dell'Unione Economica e Monetaria) è stato firmato il 2 Marzo 2012 da tutti i membri dell’Unione meno Inghilterra e Repubblica Ceca, ed è ora in corso di ratifica. Una volta implementato, garantirà per la prima volta nella storia moderna un importante passo in avanti per un'unione economica del continente, la cui svolta cruciale dovrà avvenire al prossimo vertice dei capi di Stato e di governo, il 28 e 29 giugno.
Parallelamente, il sogno di un’Europa democratica sembra aver ritrovato energia e fiducia. Alle recenti dichiarazioni di Angela Merkel sulla necessità di cedere sovranità nazionale e sull’esigenza di riformare l’architettura costituzionale in modo che “la Commissione diventi un autentico governo, che risponda a un forte Parlamento”, la posizione del Regno Unito non può che essere più chiara, e cioè un chiaro e secco “no”, thank you.
L’assenza degli inglesi ai tavoli delle trattative è evidente. Gli intenti del gruppo dei cosiddetti “otto”, ossia Germania, Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Olanda, Austria, Belgio non hanno a loro favore il vento isolazionista che soffia da Westminster. È un’Europa a due velocità con un giocatore inaspettato. “Maggior integrazione politica”, “maggiore capacità di azione attraverso un più efficiente processo decisionale”, “maggior coordinamento tra le istituzioni” sono parole che non rientrano nell’agenda dei Tories.
È degli ultimi mesi il bollettino di una vera e propria guerra combattuta in trincea dal governo di Cameron a indiretto beneficio della City di Londra, rifiutando ostinatamente la tassazione sulle transazioni finanziarie. La battaglia principale questa volta non ha però insanguinato la pianura di Waterloo, ma ha occupato i lunghi corridoi di Bruxelles; e non è stata una sconfitta per i continentali, quanto piuttosto una vittoria di Pirro per gli Inglesi. Eppure l'Inghilterra trae solo vantaggi dall'Europa, uno di essi molto importante per l'impatto che ha nella vita dell'Unione è l'utilizzo della lingua inglese come lingua ufficiale. E inimmaginabili sono i costi per gli europei del suo utilizzo, cifre che se confrontati con quelli del finanziamento dei partiti in Italia, impallidiscono. Infatti è vero, ammontano a 2,3 miliardi di euro i soldi erogati ai partiti dal 1994 ad oggi in Italia ma la colonizzazione linguistica inglese ne costa 26 volte tanto agli italiani, ma non in 17 anni bensì ogni anno!
Il 19 e 20 aprile scorso, l'Associazione Esperanto ha partecipato a Vienna alla sessione annuale della Piattaforma dei Diritti Fondamentali, l'organismo di cui fa parte dal 2009, e che raggruppa tutte le principali ONG Europee che si battono contro le discriminazioni sotto l'egida dell'Agenzia Europea dei Diritti Fondamentali (FRA) per denunciare la discriminazione economica e sociale dei cittadini non di lingua madre inglese in Europa e per promuovere un movimento di opinione contro il finanziamento pubblico a senso unico in favore di Paesi e cittadini anglofoni e sensibilizzare i privati a fare altrettanto. Questa iniziativa è lodevole e speriamo che abbia seguito.

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