EUROPA: dopo il vertice del 28 e 29 giugno una svolta cruciale per l'U.E.?

Dopo 14 lunghe ore di un estenuante braccio di ferro tra Germania seguita a ruota da Olanda e Finlandia da un lato, e Italia, Francia e Spagna dall'altro, finalmente si è venuti a capo del bandolo della matassa che dovrebbe dare stabilità all'area euro (adottato finora da 17 Paesi dell'U.E.) e porre un freno alla speculazione che giocava con gli spread dei Paesi più indebitati, aggravandone le condizioni finanziarie.  La Germania della cancelliera Merkel ha dovuto cedere accettando lo scudo di protezione anti spread. Quando c'è il gioco di squadra si vince e i tre Paesi maggiormente esposti alla speculazione finanziaria e cioè Italia, Spagna e in minor misura la Francia, hanno giocato insieme e hanno vinto. In particolare l’Italia ha battuto i pugni sul tavolo e ha ottenuto, almeno in parte, ciò che chiedeva e che all’inizio sembrava difficilissimo da negoziare. L’oggetto del braccio di ferro era la richiesta di introdurre un meccanismo semiautomatico anti-spread per calmierare il differenziale con i Bund tedeschi.
Quindi,  dopo 14 ore di colloqui serrati e, da ciò che viene riportato, a tratti davvero drammatici, l’atteso accordo tra i Paesi europei sullo scudo anti spread è arrivato. Il raggiungimento dell’intesa era stato annunciato ieri mattina alle ore 4. L’accordo sullo spread è inserito in un più ampio disegno basato su:
- le misure per la crescita da 130 mld di euro che erano state già approvate nella serata del 28 c.m.,
- una supervisione delle banche da parte della BCE entro l'anno in corso.
Tutto va bene? No perchè manca la tassazione sulle transazioni finanziarie (Tobin Tax), che avrebbero dato risorse da investire e posto un ostacolo in più alla speculazione che sarebbe stato utile. Proprio queste misure, nelle intenzioni tedesche, dovevano essere il contentino da dare alla Spagna e all’Italia, per far venir meno quelle pretese più forti, tra cui lo scudo anti spread, che Roma aveva già annunciato e Berlino aveva già bocciato. Invece la trattativa a oltranza su cui Monti ha tanto puntato ha fatta saltare il tavolo di quella che i mezzi di informazione hanno definito come una lunga partita a scacchi.
In pratica grazie all’appoggio esterno della Francia, Italia  e Spagna sono riuscite ad accerchiare la Germania che già ieri aveva perso l’appoggio di pezzi del suo fronte dell’intransigenza tra cui quella Finlandia che nel pomeriggio aveva aperto sul meccanismo anti spread. L’accordo raggiunto prevede quindi l’impegno europeo a varare misure per stabilizzare i mercati e per la capitalizzazione diretta delle banche. In termini pratici l’intesa prevede l’intervento dell’Esm nel momento in cui gli spread di una nazione che si sta impegnando sul fronte del risanamento superino una certa soglia. Un meccanismo che nelle intenzioni del premier Monti dovrebbe servire a mettere nell’angolo la speculazione e a dare finalmente quell’immagine di unità che in quest’Europa è sempre mancata.
Dopo aver minacciato mercoledì, il veto italiano all’introduzione della tassa sulle transazioni finanziarie, Monti ha avvertito che, in assenza di accordo entro la fine della settimana , avrebbe posto il veto alle conclusioni del vertice e al piano per la crescita fortemente voluto dai francesi. L’Italia, affiancata fino in fondo dagli spagnoli, potrà avere il sostegno dell’Europa per evitare un aumento indiscriminato degli spread. Con una punta di ottimismo, potremmo scomodare Leopardi con i suoi versi della "Quiete dopo la tempesta" per affermare che: " passata è la tempesta, odo augel far festa" o le misure adottate sono ancora insufficienti per frenare l'avidità degli "speculatori" che hanno portato il mondo alla rovina?  Sempre con lo stesso ottimismo potremmo continuare con quei versi che dicono:"
Ecco il sereno................
Ogni cor si rallegra,......... E noi tutti ci dovremmo rallegrare alla luce della reazione dei mercati di ieri e dello spread che è sceso, ma saremo ancora più lieti quando questo si avvicinerà al livello di quello tedesco e perchè ciò avvenga occorre proseguire con l'opera di risanamento da un lato e di crescita dall'altro e non solo, perchè mancherebbe l'automatismo nell'applicazione dello scudo anti spread.
La politica del rigore dovrebbe essere assicurata dall'applicazione  del "Fiscal compact", che è stato firmato il 2 marzo dagli Stati dell’Unione europea ad eccezione del Regno Unito e della Repubblica Ceca, e che entrerà in vigore il 1º gennaio 2013, se almeno dodici membri della zona euro l’avranno ratificato. I tempi relativamente brevi in cui il trattato è stato firmato riflettono la situazione precaria in cui si trova l’Unione e la necessità di attuare nuove politiche. La volontaria esclusione di due Paesi e l’abbandono del principio dell’unanimità sancisce l’abbandono del metodo comunitario che ha guidato il processo di integrazione fino ad ora e che prevede l’accordo tra tutti i Paesi membri per le decisioni principali. Inoltre il trattato riconosce l’esistenza di due velocità di integrazione in Europa, in cui i Paesi della zona euro oltre che la moneta condividono maggiori responsabilità nella soluzione della crisi.
Però il "fiscal compact" va integrato da misure per stimolare la crescita e inoltre il problema principale del trattato è che ha appena fatto cenno al problema della sovranità; infatti si basa ancora sull’accordo tra governi nazionali, anche se in un gruppo più ristretto. Si tratta quindi di un meccanismo che non è basato su principi democratici; per questo i governi più forti riescono ad avere un ruolo egemone, in particolare Germania e Francia. Questo alimenta il malcontento in Paesi come la Grecia che si vedono imporre misure di austerità che deprimono ulteriormente l’economia.
Per superare il deficit democratico i Paesi dell’eurogruppo dovrebbero costituire il nucleo di uno Stato federale competente per le questioni monetarie e fiscali. Questa responsabilità ricade soprattutto su Francia e Germania, che dovrebbero avviare questo processo per lanciare una nuova fase di integrazione e di crescita per l’Europa, ma anche sull’Italia, che ha sempre avuto un ruolo propulsore sul piano dell’integrazione politica ed istituzionale e la cui assenza, fino a ieri,  su questi temi, ha pesato negativamente sulla possibile evoluzione del quadro europeo. Il vertice del 28 e 29 giugno dei Capi di Stato e di governo dell'U.E., avrebbe dovuto affrontare anche il problema della parziale e progressiva rinuncia alla sovranità dei singoli Stati, ma ciò non è avvenuto; vedremo se si faranno passi avanti in questa direzione al prossimo vertice e se l'ondata di ottimismo proseguirà fino all'ECOFIN del 9 luglio, quando queste misure saranno ratificate da tutti i Paesi. Il cordone ombelicale tra il debito degli Stati e le banche sarà reciso;  è imperativo spezzare il circolo vizioso tra banche e debito sovrano. La Commissione presenterà a breve proposte relative a un meccanismo di vigilanza unico, fondate sull'articolo 127, paragrafo 6.  Il Consiglio dovrà prenderle in esame in via d'urgenza entro la fine del 2012.

Una volta istituito, per le banche della zona euro, un efficace meccanismo di vigilanza unico con il coinvolgimento della BCE, il MES potrà avere facoltà, sulla scorta di una decisione ordinaria, di ricapitalizzare direttamente gli istituti bancari. Questa procedura si baserà su un'appropriata condizionalità, ivi compresa l'osservanza delle regole sugli aiuti di Stato, che dovrebbe essere specifica per ciascun istituto, specifica per settore ovvero applicabile a tutta l'economia e sarà formalizzata in un memorandum d'intesa.

Esse potranno essere ricapitalizzate senza gravare sul bilancio degli Stati e ciò è positivo, ma un vero passo avanti si farà solo quando la BCE potrà intervenire direttamente sia supervisionando il sistema bancario europeo, ciò avverrà entro quest'anno, sia immettendo nel sistema liquidità, come avviene in America con la FED, perchè il fondo salva Stati su cui si è puntato per il controllo dello "spread", nel medio-lungo termine, potrebbe non bastare.
Ma, a parte questo, "tutto va bene madama la marchesa". Perchè prima dell’inizio dell’era del bocconiano Monti, si guardava con apprensione allo spread, si era creduto fino ad allora che la crisi fosse “un’invenzione” e ad altre simili amenità. Dopo l’avvento dei professori bocconiani, il panorama sembrava essersi notevolmente schiarito, la “cura dimagrante” proposta dal nuovo premier Monti (iniziando dai risparmi sugli sprechi della politica, passando per i superstipendi dei cosiddetti manager, per le inutili ed ingiuste pensioni d’oro ecc.) dava un alito di speranza ad una popolazione come quella italiana che non aveva visto avvicinarsi il baratro a causa del cervello intorpidito da vari programmi televisivi che facevano intendere che “tutto andava per il meglio”. Sì, la “cura dimagrante” c’è stata, ma sulla pelle dei pensionati e dei dipendenti, con l’aumento di tasse e cancellazione di diritti acquisiti dopo più di 50 anni di lotte e di sacrifici, e non, come sarebbe stato logico, con la riduzione di lauti stipendi e pensioni d'oro e di una buona patrimoniale (che non è voluta dal PDL). E adesso si parla di ulteriori tagli alla sanità, in attesa che si recuperino 60/80 miliardi di euro dai 200 miliardi di capitali evasi, esportati illegalmente e depositati nelle banche svizzere. Ma, a parte questo, “tutto va ben, madama la Marchesa”!
Dire che questo vertice sia stato un pieno successo è troppo presto per dirlo; si dovrà scendere nel dettaglio degli accordi quando questi saranno resi noti e poi firmati e non possiamo certo rallegrarci nel vedere riproposti, in altre forme, (adesso con l'uso dei fondi salva Stati), aiuti alle banche, sempre a carico della collettività, cioè di quelle banche che hanno riempito i loro portafogli con i derivati a fini puramente speculativi, penalizzando a casa nostra ancora una volta il Welfare State, conquistato dopo decenni di sacrifici. Ma, a parte questo, “tutto va ben, madama la Marchesa” e la strada da percorrere per una integrazione economica-finanziaria è ancora lunga!

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