EUROPA - necessaria una graduale ma urgente unione politica!

Una frase di Garibaldi, passata alla storia, recitava: "Qui si fa l'Italia o si muore". Parafrasandolo, oggi potremmo dire: "Qui si fa l'Europa politica" o si muore. L'invocazione non è rivolta ovviamente a Nino Bixio per resistere alla preponderanza dei Borboni e non siamo a Calatafimi, ma ai leader europei che si riuniranno a Bruxelles il 28 e 29 giugno prossimi, alla cancelliera Merkel che con la sua testardaggine sul rigore blocca ogni iniziativa che porti a una maggiore integrazione dell'U.E. e a quei leader che privilegiano gli egoismi nazionali. E' necessario decidere sul futuro di un'Europa politica, con una integrazione, graduale quanto si voglia, ma che parta con delle proposte concrete da attuare subito.
 
Moody's ha tagliato il rating di sette banche tedesche e austriache, e delle rispettive controllate, a causa dell'aumento del rischio per la qualità degli asset bancari legati all'area euro e della limitata capacità di assorbire ulteriori perdite. Una debolezza, quest'ultima, che avrebbe dovuto intaccare la ostinatezza della cancelliera Merkel nel difendere a oltranza la politica del rigore. Tutti invocano "la crescita" a parole, perfino il presidente Obama dagli Stati Uniti, ansioso di non perdere la prossima sfida per la sua rielezione, ha chiamato dagli USA sia Monti e sia Merkel per sollecitarli a far presto nel prendere qualche iniziativa per rilanciare la crescita in ambito europeo. Potrebbe resistere la moneta unica se le elezioni greche portassero al potere una maggioranza sbrindellata e se il Consiglio europeo di fine giugno si accontentasse di misure tampone per contrastarne la crisi? La politica europea ha una palese incapacità a fare proposte e prendere iniziative. L'incapacità della politica di rendersi conto della gravità della situazione suscita sentimenti che rasentano l'angoscia. I giornali e le televisioni illustrano, giorno dopo giorno, l'aggravamento della situazione finanziaria in Grecia e Spagna, le difficoltà per l'Italia di ridurre il costo del debito pubblico aumentato da quando è arrivato Monti di altri 41 miliardi di euro. L'opinione pubblica capisce che le prossime settimane saranno decisive per il futuro dell'integrazione e che ci troviamo sull'orlo del baratro. I nodi sono venuti al pettine.  L'Europa paga per aver sempre rimandato il momento di definire una strategia imperniata sulla volontà di progredire nella convergenza e nell'integrazione. Qualunque decisione venga presa sul governo dell'economia, essa può configurarsi solo nell'ambito di una ferrea volontà politica.
La cancelliera Merkel ha finalmente posto sul tappeto la questione dell'Unione politica; il presidente della Bundesbank Weidmann ha adombrato un cambio d'approccio tedesco verso gli eurobond se questi fossero gestiti da un vero governo economico; il presidente della Commissione Barroso ha appena proposto un'unica garanzia europea sui depositi bancari e l'intervento diretto dell'European stability mechanism (ESM) per salvare le banche spagnole che si sta concretizzando, in queste ore, in prestiti di 100 miliardi di euro per ricapitalizzarle; il presidente della Banca centrale europea (Bce) Draghi ha prospettato un'unione bancaria imperniata sulla centralizzazione della vigilanza e assicurazioni politiche sulla volontà di perseguire l'integrazione politica. Diventa sempre più difficile far digerire all'opinione pubblica il sostegno alle banche europee, dopo che sono stati concessi a loro favore dall'inizio della crisi, circa 4.500 miliardi di euro di aiuti di Stato, concessi dalla Commissione europea, in tre anni, (37% del Pil).

I governi appaiono stretti in una morsa: da un lato, la necessità d'interventi radicali in Grecia e in Spagna; dall'altro, la riluttanza tedesca a fornire assistenza finanziaria a Paesi ritenuti responsabili dell'emergenza che affrontano e il timore che, dopo le elezioni del 2013, (ma già si paventano le elezioni in autunno), la spesa facile faccia capolino nelle cattive abitudini dei politici italiani.

In Italia si era parlato di una iniziativa concomitante tra parlamento italiano e tedesco per ratificare il trattato sulla disciplina fiscale (il cosiddetto fiscal compact). Perché non lo fa insieme alla Germania come, a un certo punto, era stato deciso? Sarebbe bene che i partiti ricordassero le notevoli responsabilità del nostro Paese nello scatenare la crisi del debito sovrano in Europa. Sarebbe estremamente necessario un piano  per arrivare all'unione politica, attraverso passaggi intermedi, di cui l'unione fiscale dovrebbe essere il principale, ma che dovrebbero includere anche altri aspetti (politica estera, difesa, energia). Siamo alle prese con Governanti, che ignorano la storia e quegli ideali che hanno spinto i "grandi politici" del dopoguerra a immaginare un'Europa unita. E David Cameron, degno rappresentante  di questa categoria di egoisti,  ribadisce il suo "no" alla Tobin tax. "La tassazione delle transazioni finanziarie, ha detto Cameron nel corso di un convegno a Berlino a cui partecipa con la cancelliera Angela Merkel e con il premier norvegese, Jens Stoltenberg, devierebbe gli affari e i servizi finanziari verso quelle aree che non hanno questa tassazione. Sarebbe una politica sbagliata che porterebbe una riduzione dei posti di lavoro e danneggerebbe l'economia". Ancora una volta, nonostante l'incerto avvenire dell'Europa e di fronte alla grave crisi che viviamo, gli egoismi nazionali, il prevalere degli interessi di ciascun Paese e le scadenze elettorali hanno il sopravvento.
 
L’Unione europea dei 27 Paesi, conta circa 490 milioni di abitanti: la sua popolazione è dunque la terza su scala mondiale, dopo la Cina e l’India, ma è la prima potenza commerciale. Di fronte a queste nuove realtà, ciascun Paese dell'U.E. da solo non avrebbe futuro, tutti insieme rappresentano una grande realtà, economica e presto si spera anche politica, perchè l’Europa è sempre stata la patria di diversi popoli e di diverse culture. L’UE considera la sua diversità etnica e culturale come uno dei suoi più grandi patrimoni e difende i valori della tolleranza, del rispetto e della comprensione reciproca, valori che ci sono stati insegnati dalla lunga storia europea che la salverà dagli egoismi e dalla disgregazione.

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