EUROPA: Agli Stati il rigore e all'Europa la crescita e il dinamismo!

Quando Padoa Schioppa scriveva: agli Stati il rigore, all'Unione la crescita", forse aveva già in mente quanto fosse difficile applicare e far valere nel nostro Paese, le regole elementari del rigore nella tenuta dei conti. Eppure Lui, ministro dell'economia e delle finanze del governo Prodi, era riuscito a fare scendere il debito pubblico al 104% del PIL, che in valori assoluti corrispondeva a 1.600 miliardi di euro, ed era anche riuscito ad ottenere un avanzo primario, al netto degli interessi da pagare per il debito pubblico, al 3.3%. Un risanamento dilapidato dal governo successivo,con le false promesse e una politica egoista e fumosa, che ha portato il debito al 117% del PIL. Oggi, nonostante i tagli e ai conseguenti sacrifici di tanti pensionati e lavoratori, siamo arrivati al 123% del PIL; in valori assoluti, siamo vicini alla fatidica soglia di 2.000 miliardi di euro.

Per allontanarci quanto prima dal precipizio in cui Tremonti e company ci avevano portato, gli italiani, ancora prima dei governanti, hanno dimostrato saggezza, sopportazione e spirito di sacrificio, ma adesso tutti noi invochiamo misure di stimolo della crescita e proponiamo provvedimenti che, quando condivisibili (lotta all’evasione fiscale e alla corruzione, riduzione dei costi della politica, spending review, imposte sui grandi patrimoni, riforma della giustizia, ecc…), devono fare i conti con una parte significativa di questa maggioranza (PDL e UDC) che appoggia il governo Monti, ostinatamente protesa a difendere i privilegi di certe lobbies, a cui loro stessi appartengono, rifiutandosi di fare la loro parte, nel contribuire al risanamento dei conti, Lo sforzo di questo governo, mettendo da parte il metodo che è conseguente al credo della dottrina liberista, se da un lato è encomiabile per avere fatto riacquistare credibilità all'Italia, portando sotto controllo la spesa pubblica, dall'altro è deprecabile perchè fatto con interventi che hanno fatto pagare alla classe media e più povera della popolazione, i maggiori sacrifici. Inoltre, per alcune di queste misure, occorre considerare i tempi medio-lunghi entro cui gli effetti si produrranno.

Alcuni "populisti" si spingono più in là, concludendo che la moneta comune non dà alcun beneficio e che, nell’Unione europea è convenuto essere stati ma non conviene più rimanerci; fra essi spicca il nuovo Grillo parlante che è preferibile ricordare per quello che faceva da comico, anche se con le sue uscite stravaganti fa ancora ridere, piuttosto che seguirlo nei suoi proclami senza costrutto contro l'euro, di cui ha poco dimestichezza e Maroni della lega, che addirittura ha proposto, ancora prima di Grillo, un referendum sull'euro.
Questi, con le loro proposte così irresponsabili, non considerano il costo tremendo che le persone, soprattutto quelle economicamente più deboli, dovrebbero sopportare per l’esplosione dell’inflazione, la perdita di valore dei patrimoni personali e pubblici e l’impoverimento generale che ne deriverebbe.
La verità è che gli investitori non erano convinti che l’Italia fosse in grado di ripagare i titoli che emette e di uscire dalla spirale della recessione in cui si trova. Ma grazie alla decisione di Mario Draghi, della BCE, che ha deciso di comprare il debito pubblico con scadenza fino a 3 anni, dei Paesi in difficoltà, questo pericolo nel breve periodo, è stato scongiurato.

Esaminando lo scenario europeo si riscontra che problemi molto simili attanagliano anche altre economie dell’area euro.
La stessa Germania non cresce più, nonostante gli eccezionali exploit di alcuni suoi "campioni nazionali" (quali il gruppo Volkswagen) i quali battono la concorrenza sulla base della "non price competitiveness", fondata su qualità e tecnologia superiori. Qualità e buon gusto sono stati sempre una prerogativa della produzione italiana e hanno aiutato il nostro Paese a competere sui mercati, ma oggi, tale peculiarità langue in molti settori perchè non si sono fatti e non si fanno investimenti per la ricerca e sviluppo, che aiuterebbero la "crescita".

In realtà le difficoltà di bilancio che gravano sui Paesi dell’area euro, insieme alla politica liberista perseguita, limitano pesantemente la possibilità di mettere in atto un’efficace politica di rilancio dell’economia.
Allora perchè continuare a illuderci che le misure di rigore adottate finora, che dovrebbero portare al risanamento dei conti dello Stato, ma che hanno anche portato a maggiore disoccupazione e recessione, possano bastare per farci uscire da questa situazione? Il presidente della Confindustria Squinzi, molto realisticamente, così come ha definito la riforma del mercato del lavoro "una boiata", adesso contraddice lo stesso Premier Monti, preannunciando un "autunno bollente". Quest'Ultimo nella speranza di diffondere note di ottimismo e di tranquillizzare se stesso, ha dichiarato che il prossimo anno 2013 sarà quello della svolta, quindi dell'uscita dell'Italia dalla crisi, ma Squinzi ha affermato che purtroppo così non sarà; dobbiamo aspettare il 2014. Altro dato molto significativo, ripetuto con "destrezza" riguarda la crescita del PIL del 4%, nei prossimi 10 anni; come dire che purtroppo dobbiamo abituarci a crescite irrisorie che renderanno difficoltoso il rispetto del "fiscal compact" e il decremento del debito pubblico.

Quindi non ci rimane che aggrapparci all'unica ancora di salvezza che ancora ci rimane e cioè all'Europa. Cercando di mettere in pratica il suggerimento di Padoa Schioppa quando, con molto realismo, scriveva: "Agli Stati il rigore, all’Unione la crescita e il dinamismo".
Il problema dello stimolo allo sviluppo va affrontato insieme da tutti i Paesi dell’eurozona, mediante il lancio di un vigoroso Piano europeo di sviluppo sostenibile che metta in campo risorse aggiuntive (almeno "nuovi" 100 miliardi di euro all’anno, mediante l’introduzione, a livello europeo, di una Tassa sulle transazioni finanziarie e una carbon tax europea).
Con dette risorse aggiuntive si potrebbe finanziare l’emissione di Euro project bond per 400/500 miliardi da erogare entro tre/cinque anni.
Detto piano dovrebbe essere basato su investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture, della ricerca e sviluppo, della formazione superiore e nella produzione di beni pubblici non soddisfatti dal mercato. Inoltre per dare una prospettiva ai popoli europei, negli ultimi tempi pervasi da governi populisti di vario tipo, che ha avuto come effetto perverso quello di allontanare la gente "dall'idea europea", occorre rilanciare il progetto di integrazione. Esso richiede che gli Stati (almeno quelli dell’eurozona) manifestino la loro volontà di portare a conclusione il processo di unificazione europea, mediante la messa in cantiere di progetti graduali come, l'unione bancaria e fiscale, con un ministro delle finanze che servirebbe molto più di quello degli esteri, sul quale da tempo è calato il sipario e dulcis in fundo di una nuova riforma dei Trattati, da cui risulti chiara la direzione di marcia e il chiaro l’approdo.

Non si può nascondere la difficoltà della loro realizzazione ma essa è inevitabile e da realizzarsi con decisione, in tempi brevi, in preparazione delle ormai prossime elezioni europee del 2014, recuperando il consenso nei confronti del progetto europeo e creando le condizioni affinché si ristabilisca la piena fiducia tra gli Stati dell’eurozona. Per conseguire questo risultato, l’UE deve innanzitutto dimostrare di essere in grado di promuovere crescita e occupazione e aprire la strada all’economia della conoscenza, se si vorrà fare rivivere la nostra "casa comune" che si chiama: "EUROPA"!.

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