Monti: "Abbiamo contributi ad aggravare la crisi"!

Con la decisione del 12 scorso dei giudici della corte costituzionale tedesca di dare l'OK al fondo salva Stati, è stata lanciata una scialuppa di salvataggio all'euro e all'Europa. In questa circostanza questa decisione tanto attesa, ha fatto tirare un sospiro di sollievo anche all'Italia che con il suo enorme debito pubblico, si aspetta di ricondurre il differenziale tra i Bund e i Bot eBtp a livelli più ragionevoli. L’autunno del 2012 si prevede incerto per il nostro Paese. Il governo deve agganciare a tutti i costi l’ultima occasione per l’attesa ripresa dell’economia italiana prima del termine della legislatura e i dati macroeconomici continuano a mostrarsi preoccupanti per la maggior parte degli osservatori. Ma sono mesi che si ripete che senza crescita e affinchè questa sia stimolata occorre non solo rigore ma investimenti per ricerca e sviluppo. Così ci può capitare che anche il Premier si accorga finalmente che la sua politica del rigore, tanto necessaria, ha prodotto un danno all'economia che ha fatto perdere preziosi punti percentuali di PIL e al mondo del lavoro che ha visto aumentare la disoccupazione, confessando: "Abbiamo contribuito ad aggravare la crisi economica", ma soffriamo oggi per godere domani. Domani quando? Nonostante il rigore e i tanti conseguenti sacrifici, l'economia non riparte e  aumenta la disoccupazione e l'intervento della BCE e/o il fondo salva Stati sono solo strumenti di tamponamento temporaneo che dovrebbe concederci più tempo per attuare una politica economica di crescita e di riduzione significativo del debito pubblico. Se ciò non avverrà presto, con l'economia in recessione, non potremo scrollarci dalle nostre spalle questi fardelli.
Così il premier Monti il 5 settembre, in occasione di un incontro pomeridiano con gli imprenditori (da Confindustria, all’Abi, all’Ania, alle Coop), decide di cambiare direzione: dal decisionismo senza incertezze di tutti i mesi precedenti alla concertazione. Soltanto quella mattinata il presidente degli industriali Giorgio Squinzi non aveva risparmiato la sua ultima critica all’Esecutivo annunciando un “autunno bollente”. Nel pomeriggio però, Monti cambia tono e rivolgendosi alle parti sociali dice che le sorti del Paese sono nelle loro mani e che il vero obiettivo è quello di abbattere insieme “lo spread di produttività”. E' un segnale di dialogo o una sobria provocazione? Quali altri margini possiede il mondo del lavoro per migliorare la produttività? La produttività vuol dire tante cose: meno burocrazia, giustizia più celere, meno corruzione che ci costa 60 miliardi l'anno e genera concorrenza sleale, meno tassazione troppo elevata su imprese e lavoroformazione,  ma soprattutto ricerca e sviluppo nei processi produttivi. L'Italia ha sempre sofferto questi problemi che hanno condizionato nel corso degli anni la crescita che è stata più modesta rispetto agli altri Paesi. Ma il rigore ha portato recessione e in Italia c'è una crisi di "domanda" dovuta alla scarsa disponibilità di reddito della classe media e operaia che hanno subìto la cura dimagrante imposta da questa politica liberista.  C'è un indice molto significativo che ci dice dove intervenire per aumentare la produttività, (visto che gli operai tedeschi guadagnano il doppio di quelli italiani), ed quello degli investimenti per la ricerca e sviluppo che nel caso ad esempio di un confronto tra Fiat e Volkswagen, ci dà un rapporto di 1 a 3,30; in valori assoluti, 1,9 miliardi (FIAT) contro 6,3 miliardi della Volkswagen. Conseguenza di ciò è che la FIAT, vende sempre meno auto e chiude gli stabilimenti, la Volkswagen produce, vende 8 milioni di auto e fa utili.
Si prende atto che un segnale di dialogo di questa portata da Palazzo Chigi finora non si era visto; per puntellare l’accordo, tre promesse:
- impegno a non aumentare l’Iva,
- entro novembre recepimento della direttiva Ue che impone pagamenti della Pubblica amministrazione entro 30 giorni e
- delega fiscale,
ma occorre poi metterli in pratica.  A questo punto il tema del lavoro è diventato la base del confronto e del nuovo tavolo di negoziato aperto con gli imprenditori e con gli stessi sindacati che il governo ha incontrato  l'11 settembre. Ma questo problema potrà essere affrontato solo se il governo metterà sul tavolo risorse per gli investimenti e quindi per la crescita, certamente non invitando le due parti ad incontrarsi e defilarsi, viceversa ci sono pochi margini per l'aumento della produttività che, dopo essere passato attraverso le forche caudine della riorganizzazione, può avvenire solo con il rinnovamento, in parte già avvenuto, se è vero che molte imprese oggi riescono ancora a produrre grazie alle esportazioni che sono in crescita e ciò può avvenire solo perchè esse sono competitive, grazie agli investimenti sulla ricerca e innovazione. Quindi è il governo che deve fare la sua parte, prendendo delle iniziative per sostenere la domanda interna e per investire nelle infrastrutture, quando la volontà o il capitale dei privati non sono sufficienti. Ad esempio, uno dei campi in cui lo Stato dovrebbe intervenire insieme ai privati è quello della diffusione della "banda ultra larga". Se Telecom non vuole fare la sua parte, com'è accaduto di recente con il suo rifiuto di investire in questo settore strategico che un Paese avanzato non può ignorare, allora lo Stato interviene, servendosi anche dei fondi europei.
Manca "la domanda interna" penalizzata dall'alta tassazione che ha colpito il ceto medio e la classe operaia, dalla mancanza di reddito per troppa disoccupazione e il precariato, con la riforma sulle pensioni, con il tetto sulla rivalutazione di queste fino a 1400 euro, così i pensionati diventeranno sempre più poveri, quella sul mercato del lavoro, completamente inutile e dannosa, Squinzi della Confindustria l'ha definita "una boiata" e poi c'è stato un altro salasso per l'introduzione dell'IMU.
Squinzi non si tira indietro e chiede una riduzione del cuneo fiscale, un rafforzamento dei premi di produttività e una maggiore detassazione degli straordinari: tutte richieste che erano già state avanzate in un documento presentato al governo da Confindustria ad agosto.
D’altronde su un taglio del carico fiscale sul lavoro muovono battaglia anche le sigle sindacali di Cgil, Cisl e Uil, sebbene la Cgil sottolinei il dramma dei disoccupati che resteranno senza tutele almeno fino al prossimo gennaio quando entreranno in vigore i nuovi ammortizzatori sociali e le migliaia di lavoratori in cassa integrazione, quando rientreranno al lavoro, dopo anni di inattività, senza aggiornamento professionale, potrebbe avere grosse difficoltà a reinserirsi.
Qualche giorno prima, però, lo stesso ministro del Lavoro, Elsa Fornero, con un cambiamento di direzione repentino, simile a quelle che avviene sulle montagne russe, aveva messo le mani avanti sul taglio del cuneo fiscale: "sarebbe auspicabile, ma non ci sono risorse adeguate". Questa è una ministro tutto fare, si sostituisce al ministro delle finanze e a quello dello sport perchè, come ha detto lei stessa in un collegamento da Pechino, ha le capacità di adattarsi a ogni situazione. Ma le risorse si troverebbero se si decidessero a: - mettere una patrimoniale e - tagliassero le pensioni d'oro (7 miliardi l'anno), - Inoltre a che punto è l'accordo con la Svizzera per la tassazione dei capitali illecitamente esportati che ci darebbero decine di miliardi di euro per lo sviluppo?  - Perché non sono state ridotte le spese militari e in particolare non sono stati tagliati i 13 miliardi di euro per l'acquisto dei caccia F-35?   
Gli unici spiragli intravisti con il ministro dello Sviluppo Corrado Passera sono su forme sperimentali di decontribuzione delle imprese con record positivi di impiego di manodopera e su aiuti alle start-up.
Il nodo del coinvolgimento delle parti sociali in un patto per la competitività del Paese rimane, però, al centro del dibattito. Qualcuno spera persino nel modello tedesco di cogestione delle imprese con i lavoratori. Se l’apertura al dialogo pone le basi per una negoziazione che approdi a delle soluzioni concrete, i margini finanziari del governo per interventi di ampio respiro sembrano ancora troppo stretti e, se in molti chiedono una patrimoniale, inclusa il leader della Cgil Susanna Camusso, che la chiede per finanziare un taglio delle tasse sul lavoro, resta rinviato il primo confronto fra governo e sindacati sui più scottanti temi della riforma, del precariato, della disoccupazione. Il Premier Monti, anzichè continuare a scaricare tutto sulle fasce sociali più deboli,  farebbe bene a concentrarsi su quei provvedimenti che ha più volte annunciato e di cui non si parla più. L’autunno, insomma, rimane ancora, come ha detto il presidente della Confindustria Squinzi, "bollente" e rimane il grosso problema che, continuando con questa politica economica liberista, aumenterà la disoccupazione, il precariato e la luce in fondo al tunnel diventerà sempre più un miraggio. 

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