EUROPA: "Con la caduta dell'Euro, la fine del sogno europeo"!

L'annuncio fatto il mese scorso delle OMT (Outright monetary transactions) ha avuto un effetto benefico sui mercati e  la BCE resta pronta a impiegarli, qualora ce ne fosse bisogno, ma si erano dimenticati che ci sono anche tante persone coinvolte in questi ingranaggi del rigore e così il malcontento e la rabbia sono esplosi in Spagna come in Grecia che non stanno certo meglio dell'Italia e adesso tocca alle banche spagnole ricapitalizzarsi e il primo ministro Rajoi ha ipotecato il futuro dei suoi concittadini pianificando altri tagli per 40 miliardi di euro. Dovrebbe essere ricordato e ripetuto che la crisi europea è stata indotta da quella finanziaria del mercato americano e come questa si è tramutata in un attacco speculativo, da parte del mercato finanziario internazionale, all’euro, quindi all’Unione europea, indebolendo la capacità finanziaria ed economica dei Paesi con elevato debito sovrano associato ad importanti criticità strutturali del loro sistema Paese.  

Con la disoccupazione da livelli della Grande Depressione e con i lavoratori della classe media ridotta a cercare il cibo tra la spazzatura, l'austerità è già andata troppo oltre e l'andamento della disoccupazione,  soprattutto di quella giovanile, che è "un incredibile spreco di risorse umane", rimane un problema grave che dev'essere affrontato. Ma senza crescita economica, non dico che é a rischio l'Europa, ma é a rischio l'affermazione di una Europa più solida, più equa, più accettabile dai cittadini. L'ha anche detto il premier Mario Monti e sentirlo direttamente dalla sua bocca dovrebbe essere di conforto se non ci si scontrasse con i risultati delle sue azioni governative che in Italia sono andate in tutt'altra direzione. Non ha detto lui stesso che: "ha contributo ad aggravare la crisi economica"? E' necessario riattivare la domanda e  ciò può avvenire anche e soprattutto riducendo le tasse. Purtroppo il risultato di questo "credo" liberista ad oltranza, imposto dalla Germania e seguito crudamente dai Paesi in difficoltà, che ostinatamente continuano a ignorare le esperienze e i buoni consigli che ci vengono dati  dalla storia e dagli economisti di rango, ci ha portato non solo recessione, con un arretramento del PIL del 2,4% ma anche il risorgere di "populisti da cortile" che mettono in dubbio l'euro e l'Europa. 
Infatti, solo dei populisti in cerca disperata di consenso possono pensare di indire un referendum pro o contro l'Euro; lo dice il mago  Houdini di nome Grillo che vuole tornare alla lira e lo propone il "nuovo" della Lega, Maroni, entrambi mettendo da parte l'art. 31 della L. 352-1970 (la legge che disciplina i referendum), in cui  si legge:"Non può essere depositata richiesta di referendum nell'anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l'elezione di una delle Camere medesime". Dov'è il rispetto ai cittadini che non sempre possono sapere certe leggi, da parte di "questi signori"? Lo stesso vale per l'ex magistrato Di Pietro, con l'aggravante che lui dovrebbe ricordarsi di queste regole più degli altri, ma si appresta a raccogliere, in pompa magna, le firme per altri referendum, che hanno l’obiettivo di restituire ai lavoratori i loro diritti; problema troppo serio per essere utilizzato a fini propagandistici.
Inoltre hanno mai pensato alle conseguenze di un'uscita dell'Italia dalla zona Euro? Quali sarebbero le conseguenze per l'Europa di un disfacimento dell'euro? Le conseguenze sarebbero gravissime non solo per la fine dell'Unione Europea con l'azzeramento del benessere e di tutti i valori su cui essa è nata e cresciuta, ma avrebbe gravi riflessi anche sul resto del mondo ormai globalizzato. Senza l'Europa che tiene insieme 500 milioni di persone, accomunati dalla secolare cultura, da una comune identità di valori, dal benessere, dalla prosperità, dalla pace, i singoli Stati non avrebbero alcun peso e rimarrebbero solo  una spruzzata di colore nella cartina geografica.  Lo confermano studi e analisi fatti a tale riguardo e lo dicono voci autorevoli che hanno condotto questi studi. Eppure, negli ultimi due anni in occasione di ogni decisione importante durante l'euro-crisi, l'impegno dei politici è apparso troppo parziale e troppo condizionato. Più a lungo la zona euro rimane in una terra di nessuno con la periferia che accumula ulteriore debito a tassi di interesse elevati solo per guadagnare tempo, più costosi e dolorosi saranno i futuri aggiustamenti e maggiori i rischi di crollo. Questo è ormai così evidente che alcune voci rispettabili, all'interno dell'opinione maggioritaria, stanno ormai giungendo alla conclusione che, già ora, la zona euro potrebbe non essere più sostenibile e, quindi, sarebbe meglio dividersi adesso invece che più tardi, quando i costi potrebbero essere molto più alti. Ma questo punto di vista si spinge troppo oltre".

Cerchiamo di non lasciare dubbi: se la zona euro va a pezzi cade anche l'Europa e possono crollare anche il mercato unico e l'Unione europea. Quindi, se si crede nella sostenibilità della zona euro, non c'è assolutamente più tempo da perdere. Per i Leader europei l'unica alternativa alla disfatta dell'euro nei prossimi mesi sta nel trovare la volontà politica per passare rapidamente a una maggiore integrazione, a partire da una tabella di marcia molto più chiara e perseguibile verso l'unione bancaria e fiscale che fermi e inverta la balcanizzazione delle banche e dei mercati del debito pubblico; un'Unione economica che ripristini la crescita e la competitività e un'Unione politica che dia legittimità democratica al trasferimento di grandi parti della sovranità fiscale, bancaria ed economica al centro dell'UE. E tutto questo può essere possibile, anzi auspicabile, solo se preceduto da un rinnovamento dell'appartenenza alla zona euro in modo che sia più in linea con le realtà attuali e con le verosimili prospettive.

Nella sua recente visita a Madrid, il nostro Presidente Napolitano ha voluto marcare quale conseguenze avrebbe la frammentazione dell'eurozona, che definiamo come il ritorno alle monete nazionali di una parte significativa degli attuali 17 membri della zona euro, e in particolare di uno o più dei quattro grandi (Germania, Francia, Italia e Spagna). Sarebbe così destabilizzante e caotica che l'Europa si troverebbe ad affrontare un decennio perduto, con difficoltà per i cittadini, di gran lunga superiori a quelli che stanno vivendo. Oltre a distruggere la zona euro, la più grande, i 27 membri dell'Unione europea, sarebbe messa a dura prova. Nel breve periodo, per l'Europa la frammentazione porterebbe a una paralisi del sistema economico e finanziario. I flussi transfrontalieri di merci, servizi e capitali si interromperebbero perché le preoccupazioni per la definizione della valuta sopraffarebbero il normale calcolo di valutazione. La disoccupazione s'impennerebbe e la prestazione di servizi finanziari di base, dal settore bancario alle assicurazioni, sarebbe ridotta, con un'alta probabilità di "corsa" agli sportelli nei Paesi membri più vulnerabili della zona euro.

La Germania e i Paesi chiave devono decidere con coraggio se credono che la zona euro possa sopravvivere e in quale formato. Se la risposta è sì, allora la ricerca di un'Unione meno imperfetta dovrebbe essere corredata di massicci finanziamenti ufficiali, sia fiscali sia dalla Bce, alla periferia per lenire il doloroso adattamento attraverso l'austerità, le riforme e la svalutazione interna. Se, invece, si dovesse decidere che la zona euro non è vitale, come invece è, i costi di un crollo futuro e disordinato sarebbero molto più alti di una rottura immediata. Quello che non dovrebbe ad alcun costo accadere è che la zona euro rimanga com'è ora nel mezzo del guado. L'Europa è ancora la più grande area economica del globo e la più interconnessa da un punto di vista finanziario. Come tale, il suo crollo sarebbe inevitabilmente trasmesso al resto del mondo. E con gli Stati Uniti che stanno già lottando per mantenere una crescita economica significativa e creare posti di lavoro, potrebbe concretizzarsi una recessione globale, peggiore di quella che stiamo vivendo. Anche il premier Monti ha lanciato l'idea di un vertice a Roma dei Leader europei per parlare del futuro dell'Europa e delle iniziative necessarie per procedere a una sua maggiore integrazione.
Quello che hanno ancora i Leader europei, è un po' di tempo, anche se non molto, per tentare di difendere l'integrità del progetto d'integrazione, adottando subito misure coraggiose, a partire da un'unione economica, fiscale e bancaria, e in seguito fino all'Unione politica con il federalismo. Se il risultato è tutt'altro che garantito e potrebbero esserci immediate ritrosie e defezioni,  tutto questo impallidisce in confronto alla catastrofe che l'Europa e il mondo subirebbero se si continua con un timido approccio che rimane troppo limitato e troppo a corto raggio. Se la Germania vuole davvero salvare l'euro, deve consentire che la Banca centrale europea sia lasciata libera di fare ciò che è necessario per salvare i Paesi debitori  e dovrebbe farlo senza chiedere ulteriori inutili sacrifici. L’Unione a trazione tedesca ha imposto soltanto rigore e austerità dimenticando il principio di solidarietà.  Senza volerci inebriare con sentimenti di superbia, di disperazione, di ribellione, di ostinazione o di vendetta" dovremmo ricordare alla Germania che non può essere, ancora una volta, l'artefice della distruzione dell'Europa.  C'è da sperare che la Cancelliera Merkel l'abbia capito,  ma anche in Germania gli "stop and go" della Merkel, che guarda alle elezioni del prossimo anno, non sono un'eccezione e ciò penalizza ogni iniziativa utile all'Europa.

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