Il futuro dell'Europa dopo l'ultimo ECOFIN tenutosi in Polonia il 16 e 17 scorso

Nell'ultimo anno gli europei hanno ripetutamente perseguito compromessi praticabili. Noi e tutti coloro che in Europa hanno seguìto, con un po’ di "patema d'animo" gli avvenimenti che riguardano più da vicino, Grecia, Portogallo, Irlanda, ma adesso anche l'Italia, speravamo che questi compromessi avrebbero tranquillizzato i mercati.

Questa strategia ha avuto spesso un discreto successo. Le istituzioni europee, di fatto Germania e Francia, ma soprattutto la Germania, attraverso la BCE (Banca Centrale Europea) ha promesso e detto: "Sì, stiamo andando a salvare i Paesi più deboli con il carico del grande debito, ma vogliamo in cambio alcune riforme strutturali”. Gli europei hanno ripetutamente prodotto misure d'intervento che sono state giudicate sufficienti per soddisfare i mercati. La loro speranza era che quest'approccio potrebbe consentire a un Paese come la Grecia di potersi salvare da un default con una ristrutturazione che allontani il fantasma del fallimento come quello di nome "Lehman Brothers". Si è cercato e finora ottenuto un rimescolamento tranquillo del debito. Penso che quest'atterraggio morbido sia diventato ogni giorno sempre più difficile ma non impossibile.

Oggi, la domanda che le persone fondamentalmente si pongono è se "il debito Europeo potrà essere centralizzato o meno". In altre parole, l'Europa è disposta a raggruppare come in una singola entità, il debito di tutti quei Paesi che oggi sono in difficoltà? Sappiamo che la soluzione sarebbe l'emissione di "eurobond" e la chiave di questo impegno è la Germania. La Germania è l'unico Paese che può pagare, ma essa ha detto più volte che non vuole gli eurobond, è sempre più riluttante a farlo; la Cancelliera Merkel, ascoltando il suo ministro delle finanze, l'ha ripetuto più volte. Quello che stiamo osservando è la nascita di una nuova, "normale" Germania, che a sua volta porterà al disfacimento della vecchia struttura dell'Europa?

Non è di questi giorni l'idea di un ricorso all'emissione di eurobond, in passato chiamati unionbond. Infatti, se Delors è stato il primo a parlare di un piano d’investimenti europeo nel settore delle comunicazioni, nella ricerca e nelle grandi reti transeuropee e degli "union bond" come strumento di finanziamento di questi progetti, la prima proposta di emissione di "union bond" risale a Jean Monnet e al momento della costituzione della CECA. Il riferimento a quest'ultima non è casuale, giacché il rimborso dei prestiti obbligazionari emessi dalla CECA, istituzione dotata di personalità giuridica, era garantito dalle imposte sui prodotti carbo-siderurgici europei. Il fine tra l'emissione degli eurobond di oggi e gli unionbond di ieri è sostanziale perchè quelli che si volevano ai tempi della CECA sarebbero serviti ad investire nelle infrastrutture e quelli di oggi per far fronte ai debiti sovrani dei "PIGS". Un tale acronimo può essere considerato irriverente ma anche appropriato, data la situazione finanziaria derivante dal comportamento dei Paesi come il Portogallo, l'Irlanda, la Grecia, la Spagna e purtroppo anche l'Italia.

La vecchia struttura d'Europa si basava su uno straordinario grado di abnegazione tedesca dei propri interessi. I tedeschi credevano che il loro interesse nazionale stava nel subordinare se stessa in ogni modo all’interesse più ampio dell'Europa. Questo era ciò su cui è stata costruita l'Europa.

Ecco perché coloro che sono assidui frequentatori e conoscitori di Bruxelles, notano che vi si trova una gestione francese con il denaro della Germania. o meglio "un'organizzazione a gestione francese", finanziata dalla Germania. Quali sono i cambiamenti in corso? I tedeschi, 60 anni dopo la seconda guerra mondiale, stanno comprensibilmente diventando un Paese più normale; sono profondamente europei, ma non hanno intenzione di perseguire gli interessi dell'Europa a scapito dei propri interessi.

Nonostante quello che si legge, Angela Merkel finora è stata straordinariamente disposta a tirare fuori dai guai gli Stati più deboli d'Europa. Ovviamente, Lei ha cercato di ottenere che si costringessero la Grecia e gli altri Paesi con gli stessi problemi, ad attuare riforme strutturali Ma è importante rilevare che Lei ha fatto questo, nonostante l'opinione pubblica tedesca, che ora è del 75%, sia contraria a qualsiasi tipo di salvataggio. Quest'opposizione tedesca ai salvataggi, potrebbe rimanere in futuro e condizionare fortemente il destino dell'Europa. E se questo è il trend per il futuro, gli europei avranno un problema molto grande. Non c'è davvero nessun altro modo di venirne fuori senza un impegno molto più consistente di risorse tedesche più di quelle impiegate finora. Se questo non passa, è molto difficile vedere l'euro nella sua forma attuale e ciò potrebbe portare alla fine dell'Europa come l'abbiamo conosciuta, com’è stata costruita, cioè un soggetto politico costruito e sostenuto dalle nazioni chiave, in particolare la Germania, a prescindere dal costo. Ma come ho già scritto più volte, la Germania (e gli altri Paesi del nord Europa) non accetterà mai di garantire, con i soldi dei propri contribuenti, gli eurobond dai rischi che qualche Paese non sia più in grado di onorare i propri impegni e comunque questi si potranno emettere soltanto se siamo pronti a rinunciare a un pezzo di sovranità nazionale a favore di una politica economica, finanziaria e fiscale europea, ma in questo momento storico sarà sempre la Germania, se vorrà, a condurre la partita. In questo momento molto dipende dalla Germania. Dalle decisioni e dalle posizioni che saranno prese in questo Paese nei prossimi giorni, dipende il futuro dell’Europa. Intanto l’Italia ha “ancora molto da fare anche se la manovra approvata dal Parlamento va nella giusta direzione”. Questo il giudizio del ministro delle Finanze svedese, Anders Borg, al termine dell’Ecofin a Wroclaw, in Polonia. “C’e’ un problema importante di debito, ha spiegato, l’Italia ha bisogno di un sostanziale surplus primario ed anche di implementare le misure annunciate, specialmente sul versante della spesa e questo darebbe credibilità”. L’Italia deve rafforzare la crescita e la sostenibilità dei conti, con altre manovre più eque di quelle attuate finora e con investimenti per la crescita. L’Italia è troppo grande per lasciarla fallire ma anche per essere salvata, ma ha mezzi propri per potercela fare; ciò che manca è un governo all’altezza della situazione, che abbia il coraggio di prendere importanti decisioni, come una tassa sui grandi patrimoni e un recupero di gettito fiscale dallo “scudo fiscale” e dall’evasione.

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