L'EUROPA e l'EURO - Qualche riflessione!

Uno sguardo su tutto ciò che sta capitando nel nostro Paese ci suggerisce che l'Europa dovrebbe intervenire quando un Paese si appresta ad approvare "porcherie" come lo scudo fiscale; inoltre sarebbe un grave errore lasciare nelle mani dei ministri delle finanze la decisione di multare i loro stessi Paesi, quando Essi non rispettano il patto di stabilità. Invece è opportuno che sia la Commissione a intervenire.
Le decisioni prese i passato (marzo c.a.) dal Consiglio Europeo avrebbero dovuto rendere un po' meglio governabile l'economia europea, in particolare quella della zona euro. La crisi finanziaria che ha colpito vari Paesi potrà essere fronteggiata con interventi più adeguati di quelli messi in campo finora. Il formarsi di nuovi focolai di crisi dovrebbe avere meno probabilità di verificarsi, grazie al rafforzamento della disciplina preventiva. Così pure dovrebbe essere più difficile per un singolo Paese persistere a lungo in situazioni squilibrate, e capaci di trasmettere gli squilibri agli altri Paesi, perché si è ora accettato un più intenso monitoraggio comune.

Se nel nuovo sistema di governance la stabilità resta l'obiettivo principale, quello della crescita entra in modo più incisivo che nel vecchio patto, denominato solo verbalmente: «Patto di stabilità e di crescita». Si è capito che una crescita insufficiente, oltre a creare evidenti problemi economici e sociali, è spesso una delle cause più rilevanti degli stessi squilibri finanziari. Nel nuovo «Patto per l'euro», sottoscritto dai 17 Stati della zona euro ma aperto anche agli altri 10 Stati membri della Ue (6 vi hanno già aderito), si delineano misure, e procedure di monitoraggio, intese ad accrescere la competitività e l'occupazione.

Rimane però un'asimmetria. Gli interventi che ogni Stato ha fatto o sta mettendo in pratica, e i risultati che otterrà, in tema di stabilità (sostenibilità della finanza pubblica e stabilità finanziaria) saranno sottoposti a controlli e sanzioni più cogenti di quelli applicabili agli interventi e ai risultati in tema di crescita. È perciò succede che si possa raggiungere un equilibrio di bilancio a scapito della crescita. Questo è il risultato drammatico in Grecia, dove ormai il numero dei disoccupati ha superato quello degli occupati e se non si interverrà con nuove misure, anche in Italia sarà più difficile raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013; è necessaria un'ulteriore manovra per la crescita. Va comunque dato atto al presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, e a quello della Commissione, José Manuel Barroso, di avere notevolmente migliorato, e reso più accettabile agli altri Stati membri, l'originaria proposta formulata dalla Germania e dalla Francia. La proposta veniva proprio dai due Paesi che, dopo essere stati i principali genitori del primo «Patto di stabilità» nel 1997, l'avevano insieme mandato in frantumi nel 2003 quando, trovandosi essi in violazione, avevano esercitato pressioni sufficienti a far sì che il Consiglio Ecofin non seguisse le proposte di ammonimento presentate dalla Commissione.

Nel «Patto per l'euro», il Consiglio europeo ha aderito per la prima volta alla strategia di coordinamento della fiscalità, con l'impostazione pragmatica, e non antagonistica rispetto al desiderio degli Stati membri di conservare la sovranità fiscale (che essi, con qualche illusione, pensano di detenere tuttora), raccomandata nel citato Rapporto. Si apre così un nuovo cantiere che sarà rilevante per semplificare gli adempimenti fiscali delle imprese, ma anche per porre un argine alla penalizzazione fiscale del lavoro rispetto a fattori di produzione come il capitale. Per la crescita, per l'occupazione, per l'equità sociale e, in ultima analisi, per la stessa accettabilità dell'integrazione europea da parte dei cittadini, si aprono prospettive nuove. Inoltre nella Commissione Europa, un nuovo elemento a favore della crescita, merita di essere segnalato. Si è finalmente riconosciuto che una delle poche leve concrete, e assistite da veri poteri di intervento della Ue sugli Stati membri, per stimolare la competitività, la crescita e l'occupazione, è lo sviluppo del mercato unico.

Infine, una considerazione sull'Italia. Per il nostro Paese, il nuovo «Patto per l'euro» comporta l'esigenza di un percorso ancora più risoluto verso il riassorbimento dell'eccesso di debito pubblico, sia pure nel quadro di valutazioni che terranno conto di alcuni fattori compensativi, piuttosto favorevoli all'Italia. E possiamo essere certi che l'Ue sorveglierà l'adempimento di questa parte del patto in modo più attento e cogente di quanto farà per gli aspetti pro crescita che pure sono inclusi nel "patto".
D'altra parte l'Italia, come riportato sopra, ha bisogno di aumentare la propria crescita più degli altri Paesi, sia perché da molti anni cresce meno, sia perché solo attraverso una maggiore crescita sarà possibile conseguire il plus di disciplina finanziaria che ci viene richiesto, senza che il Paese sprofondi in un ulteriore differenziale negativo di crescita. Occorre una maggiore incisività nella riduzione del debito che ha raggiunto l'iperbolica cifra di 1.911 miliardi di euro, anche perchè la BCE, che finora ha comprato BOT nel mercato secondario, per impedire che la forbice dello "spread", rispetto ai titoli di Stato tedeschi si apra troppo, non potrà andare avanti ancora per molto tempo. Un altro regalo stiamo lasciando in dote alle nuove generazioni, dopo aver tolto loro il futuro, un enorme debito con interessi salati da pagare.

Sarà perciò essenziale «aggrapparsi» il più possibile agli orientamenti che ci vengono dalla «Strategia Ue 2020» e dal nuovo «Patto per l'euro», radicarli pienamente nella coscienza del Paese, trasformarli in stimolo per accelerare le riforme strutturali necessarie. Speriamo che il «Piano nazionale di riforme», induca questa maggioranza di governo a prendersi a cuore il futuro del nostro Paese e agisca di conseguenza e senza ulteriori ritardi. Chissà se, con la presa di coscienza della grave situazione in cui ci troviamo da parte dell'attuale governo e con l'aiuto delle opposizioni, con l'apporto delle parti sociali e dei media, il Paese riuscirà ad alzare per un momento lo sguardo e discutere del suo avvenire. Non c'è più tempo per correre dietro alle grane giudiziarie di questo e di quel deputato.

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